Agricoltura ed Europa, si avvicina la resa dei conti

Gli agricoltori di tutta la Ue attendono adesso le mosse delle istituzioni europee per capire cosa accadrà e come reagire.

di Andrea Zaghi
  • 19 June 2024

Passata la tornata elettorale, adesso gli agricoltori – in Italia e non solo – aspettano al varco chi ha vinto la corsa: i futuri Parlamento europeo e Commissione sono attesi alla prova dei fatti. In gioco, non solo qualche centinaio di miliardi di euro, ma lo stesso modello di produzione agroalimentare: tra un estremo ecologista e un altro produttivistico.
Certo, non di soli campi ha dibattuto chi si è presentato alla tornata elettorale europea che si è conclusa da pochi giorni, ma è indubbio che il destino dell’agricoltura del Vecchio Continente sia stato tra i temi centrali del contendere. E non solo per le pressioni degli agricoltori. La produzione alimentare, infatti, entra a pieno titolo nelle visioni del mondo che gli schieramenti politici, di fatto da sempre, si sono dati. Per quanto riguarda l’Europa, d’altra parte, è necessario ricordare che proprio sulle politiche agricole e sull’attenzione al comparto è stato costruito buona parte dell’edificio comune.
Campi e stalle, dunque, ma anche tutela dell’ambiente da conciliare con quella dei bilanci di centinaia di migliaia di imprese agricole. Per capire la portata, anche economica, di questi temi, basta sapere che il bilancio europeo fino al 2027 riserva all’agricoltura e alle campagne in generale circa il 20% delle risorse pari a poco meno di 390 miliardi di euro. Proprio lo spostamento dalla “classica” politica agricola comune, dedicata alle produzioni e al loro sviluppo, ad interventi più complessi, attenti alla tutela delle risorse ambientali, al presidio del territorio, alla sua manutenzione e alla biodiversità, hanno da un lato ampliato l’importanza dell’agricoltura e degli interventi dedicati e, dall’altro, hanno però complicato la vita degli agricoltori. Una situazione che, ancora ultimamente, ha generato forti proteste in molti stati membri.
Gli agricoltori di buona parte dell’Europa hanno, di fatto, già detto la loro qualche mese fa quando, in diversi stati membri, sono stati protagonisti di una serie importante di manifestazioni che hanno bloccato intere città, numerose vie di comunicazione e che hanno avuto in Francia, Germania, Belgio alcuni degli epicentri. Proteste che hanno toccato pure l’Italia. Tra le richieste sono una burocrazia più snella, vincoli ambientali meno stringenti, più tempo per adattarsi ad una nuova Politica agricola comune (Pac) che chiede più attenzioni alla compatibilità con la natura delle pratiche agricole, regole di reciprocità nei confronti delle produzioni agroalimentari provenienti da tutto il mondo. Senza dire, ovviamente, della richiesta di avere comunque più fondi a disposizione.
Ma cosa è stato promesso da chi è sceso nell’agone elettorale? Seguendo proprio visioni del mondo diverse, c’è chi ha privilegiato la necessità di produrre cibo per i singoli stati (i sovranisti alimentari, per esempio), e chi invece ha sottolineato la necessità di porre più attenzione all’ambiente e alla conservazione della biodiversità senza per questo dimenticare la necessità di avere alimenti sani e genuini (si tratta, per esempio, del vasto schieramento dei partiti attenti all’ecologia ma senza esagerazioni), altri ancora hanno puntato tutto sulle coltivazioni biologiche e sulla assenza di prodotti chimici.
Così, i partiti di destra e di centro-destra hanno insistito sulla reintroduzione dei dazi all’entrata per molti prodotti agricoli, così come sull’abolizione della condizionalità dei pagamenti (cioè del collegamento tra le erogazioni di aiuti e il rispetto di alcune norme ambientali); gli stessi poi hanno difeso il superamento del Green Deal (cioè quell’insieme di regole che vincolano i coltivatori a pratiche molto attente alla tutela ambientale). Sempre in questi partiti in alcuni casi si è intravista una vera linea antiecologista, ma anche la richiesta di tornare ai sussidi diretti per gli agricoltori al di là della produzione e dei vincoli ambientali. Grande importanza, poi, hanno le richieste di etichette degli alimenti chiare e obbligatorie. Più ci si sposta dalla destra al centro, e più, nei partiti, prevalgono poi gli orientamenti di sostegno al reddito agricolo, per l’aumento delle superfici aziendali, per la tutela delle aree rurali ma con un occhio particolare all’economicità degli interventi.
Sul fronte opposto – dalla sinistra al centro-sinistra – hanno prevalso proposte per il sostegno del reddito agricolo ma con attenzioni particolari alla mutualità, ai giovani, alla formazione, al giusto prezzo dei prodotti. Non viene respinto in toto il Green Deal che, tuttavia, alcuni vorrebbero più diluito nel tempo. C’è chi pone più attenzione anche alle materie prime e all’energia per i campi, così come alla necessità di trovare nuovi strumenti politici per fare fronte alla siccità. In questa vasta ed eterogenea area di schieramenti, vi sono anche i partiti che nella campagna elettorale hanno puntato tutto proprio sull’agricoltura ecologista, la biodiversità, la gestione sostenibile delle risorse idriche, l’agricoltura biologica ma anche sulla sburocratizzazione delle procedure amministrative della Pac.
Gradualità e attenzione a chi in agricoltura vive e lavora, sembrano comunque essere tratti comuni ai diversi schieramenti in lizza che, di fatto tutti, hanno sottoscritto i “manifesti” proposti da Coldiretti, Confagricoltura e CIA-Agricoltori Italiani. Documenti, questi ultimi, pressoché simili nei contenuti seppur con accenti diversi, che pongono attenzione ad un equilibrio necessario e obbligatorio tra bilanci delle imprese, tutela dell’ambiente e della biodiversità, produzione di cibo.
Concluse le elezioni, chi adesso dovrà governare l’Europa è atteso alla prova dei fatti. Percorso dunque subito in salita quello dell’Europa uscita dalle urne nei confronti dell’agricoltura e dell’agroalimentare. Percorso lungo il quale saranno milioni di agricoltori pronti a scendere nuovamente nelle strade e nelle piazze.


(da Agensir giugno 2024)