Ferrucci: Il ruolo del verde urbano tra le Nature Based Solutions che concorrono ad arginare le conseguenze perverse sotto il profilo ambientale indotte dal consumo di suolo nelle nostre città è un dato ormai consolidato nella letteratura scientifica di settore e riconosciuto dallo stesso legislatore dell’Unione Europea, da ultimo nel Regolamento sul Ripristino della Natura del 2024. Credo però sia necessario al fine di sensibilizzare in modo più incisivo l’opinione pubblica e scuotere la diacronica disattenzione degli amministratori locali, approfondire il profilo della incidenza della presenza e viceversa dell’assenza di aree verdi in ambito urbano e periurbano sulla salute umana. Ed ho pensato come privilegiata interlocutrice di questo dialogo, a te che, come medico, ti sei dedicata allo studio della Medicina Ambientale ed hai approfondito la ricerca sull’Approccio One Health nel setting della Medicina Generale.
Ti chiedo allora quale collegamento possiamo trovare tra la presenza di verde urbano e la salute umana?
Stanco: La presenza di verde urbano offre molteplici effetti benefici per la salute umana. Consideriamo una città che ne è priva e vediamo alcuni effetti negativi che questo comporta.
Le isole di calore urbano, ad esempio, comportano un aumento della mortalità prematura da caldo eccessivo. Uno studio pubblicato nel 2023 condotto su 93 città europee ha messo in evidenza gli effetti deleteri delle UHIs (urban heat islands) e dimostrato i benefici per la salute derivanti dall’aumento della copertura arborea per raffreddare gli ambienti urbani. Nello studio vengono stimati il numero di decessi attribuibili alle isole di calore urbane e quantificati quelli che potrebbero essere evitati aumentano la copertura arborea nella città europee. Nel 2015, si stima che 6700 decessi siano stati causati da UHIs, di cui 2644 avrebbero potuto essere evitati con una copertura arborea del 30%.
Immagina di aprire un libro antico, scritto in un linguaggio misterioso fatto non di parole, ma di lettere – A, T, C, G – ripetute all'infinito in combinazioni che sfuggono alla nostra piena comprensione. Questo libro è il DNA, una lunga sequenza di basi azotate che racchiude le istruzioni fondamentali per costruire e far funzionare ogni essere vivente. Un testo tanto ordinato quanto enigmatico, di cui abbiamo imparato a decifrare soltanto alcune frasi. Il resto? Un intricato codice ancora da interpretare, un poema biologico scritto dalla natura nel corso di miliardi di anni.
L’intelligenza artificiale (IA), creatura moderna di silicio e logica, ha dimostrato una sorprendente affinità con ogni forma di testo. Che si tratti di parole pronunciate dagli uomini o di quelle scritte dalla vita stessa nel linguaggio del DNA, l’IA entra in scena non solo come un lettore instancabile, ma come un interprete lucido e visionario. In questo vasto universo di lettere e simboli, decifra alfabeti e strutture, osserva, confronta, riconosce.
Il cuore pulsante dell’intelligenza artificiale è la cosiddetta macchina di apprendimento, un’entità che si comporta come un allievo curioso e tenace. All’inizio del suo cammino, questo allievo si trova spaesato di fronte a un sapere complesso e ancora indecifrabile. Le domande che gli vengono poste gli appaiono come enigmi senza chiave, e le sue risposte, spesso imprecise, sono tentativi incerti di orientarsi in un mondo che ancora non conosce. Ma ogni errore che commette non è una sconfitta: è un’occasione per imparare. Ogni correzione ricevuta è una lezione, ogni fallimento un passo avanti. A poco a poco, l’allievo inizia a riconoscere regolarità e schemi, a collegare i concetti, ad affinare il proprio sguardo. Con pazienza, attraverso la riflessione e la ripetizione, costruisce una comprensione sempre più profonda del mondo che lo circonda.
Si è scoperto che le bucce delle cipolle, residui dell’industria di trasformazione industriale, inserite nella dieta delle vacche da latte, abbattono significativamente la produzione di metano enterico, limitando il danno che questo gas arreca all’ambiente.