“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: Sostanza organica e salute del suolo

Dialogo con Claudio Zaccone – Professore associato presso l’Università di Verona e Chair della Division 4 “The Role of Soils in Sustaining Society and the Environment”, International Union of Soil Sciences (IUSS) | Past President, Soil System Sciences Division, European Geosciences Union (EGU)

Marcello Pagliai e Claudio Zaccone 06 November 2024

Pagliai – È ampiamente riconosciuto che uno dei fattori di degradazione dei nostri suoli è rappresentato dal continuo declino della sostanza organica dovuto sia all’intensificazione delle pratiche agricole degli ultimi decenni, sia ad una sensibile riduzione dell’apporto della stessa visto che gli apporti di letame sono ormai quasi, se non del tutto, scomparsi da oltre cinquant’anni a causa della profonda trasformazione degli allevamenti zootecnici.

Zaccone – In base ai dati forniti dall’Osservatorio Europeo per il Suolo, circa il 47% dei suoli italiani è in uno stato di “cattiva salute”, con erosione (23%) e la carenza di carbonio organico (19%) come principali cause di degrado. Infatti, la maggior parte dei suoli italiani, ed in particolare quelli coltivati, hanno un contenuto di carbonio (C) organico da molto basso (< 1%) a basso (1-2%), situazione che è andata via via peggiorando passando dall’agricoltura del primo dopoguerra, caratterizzata dalla distribuzione diffusa della zootecnia nell’ordinamento colturale aziendale, a un’agricoltura che ha visto il progressivo abbandono delle stalle nelle singole aziende e il sopravvento della fertilizzazione chimica.
È bene però sottolineare che, nella maggior parte dei casi di degrado del suolo, un ruolo fondamentale lo gioca, direttamente o indirettamente, proprio la sostanza organica, essendo essa in grado di influenzare la fisica, la chimica e la biologia dei suoli stessi. Di conseguenza, essa rappresentare il comune denominatore tra diverse problematiche ambientali, quali, ad esempio, perdita di biodiversità, cambiamenti climatici, qualità delle acque e sicurezza alimentare. Ne deriva che la sua continua diminuzione ha gravi conseguenze su diversi livelli. In un recente Report SNPA, tra il 2012 e il 2020 è stata stimata in Italia una perdita di circa 2,9 mln di tonnellate di C immagazzinato a causa della variazione di uso e copertura del suolo; in termini economici, questo ha significato una perdita patrimoniale media del servizio ecosistemico sequestro di C di circa 210 mln di €, che si è tradotta in una perdita di produzione agricola di circa 155 mln €/anno.
Questo è uno dei motivi per cui oggi si parla sempre più di tecniche che possano favorire il sequestro del C nel suolo, e perché il ricorso al riciclo delle biomasse in agricoltura rappresenti un must, ossia una scelta obbligata più che un’opportunità.

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Cambiamento climatico e lingua blu

Giovanni Ballarini 06 November 2024

Culicoides, chi sono costoro? Non come le farfalle sotto l’Arco di Tito questi moscerini pungitori sono i trasmettitori di una malattia virale che colpisce i ruminanti e non l’uomo: la Febbre Catarrale degli Ovini o Blue Tongue. Questa malattia oggi presente in circa tremila focolai è uno dei concreti segnali di un cambiamento climatico in corso che riguarda l’Italia, che sempre più sta diventano un paese con un clima subtropicale con tutte le inevitabili conseguenze e caratteristiche nella flora, fauna, agricoltura, allevamenti senza contare dell’impatto sociale ed economico.
La Blue Tongue, malattia virale dei ruminanti domestici e selvatici è causata da un Orbivirus che non colpisce l’uomo e che si differenzia in oltre ventiquattro sierotipi e ceppi diversi per virulenza, patogenicità e capacità di produrre nuove varianti. Largamente presente in forma endemica in Africa, dagli anni Duemila arriva in Europa colpendo l’Italia e iniziando dalla Sardegna ora è su gran parte della penisola sfiorando i tremila focolai con gravi danni al nostro patrimonio soprattutto ovicaprino, dove pecora è la specie più sensibile e manifesta sintomi tipici della malattia tra febbre, fragilità capillare e colorazione bluastra ed ingrossamento della lingua, da cui origina il nome di Lingua Blu (Blue Tongue). Nel bacino del Mediterraneo l’infezione è diffusa da insetti del genere Culicoides e in Italia per primo è arrivato il C. imicola e ora il C. obsoletus è il principale responsabile dell’infezione.
La presenza e la diffusione della Blue Tongue in Italia è condizionata da tre diversi e tra loro correlati ambiti: animali recettivi, culicoidi, ambiente e suo clima. Animali recettivi sono i ruminanti domestici come bovini, ovini e caprini degli allevamenti, sui quali si può intervenire prevenendo e controllando la malattia con vaccinazioni continuamente aggiornate al tipo di virus. Importante è la vaccinazione anche dei bovini che infettati mantengono il virus nel loro sangue per due mesi. Non è invece possibile intervenire con vaccini nei ruminati selvatici (cervi, caprioli, daini) presenti nei boschi che ora coprono circa un terzo dell’Italia.
Sui culicoidi, o moscerini succhiatori di sangue che vivono e si moltiplicano soprattutto nei terreni incolti e nei boschi e con i venti arrivano dovunque, a parte qualche intervento protettivo degli animali in allevamento non si può pensare ad interventi con antiparassitari su più o meno vaste aree territoriali. Sull’ambiente e sul clima e sue variazioni che condizionano la presenza e l’entità delle popolazioni di culicoidi le attuali conoscenze indicano l’importanza di diversi fattori climatici, tra cui temperatura, umidità e precipitazioni. 

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La coltivazione del fico di Cosenza tra tradizione e innovazione

Rocco Mafrica e Angelo Rosa 06 November 2024

Introdotto probabilmente in epoca greca, il fico ha trovato in molte aree dell’Italia meridionale condizioni pedo-climatiche ideali per il suo sviluppo. In particolare, in Calabria la coltivazione del fico risulta intimamente connessa alle tradizioni agricole di questa regione.

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Alimenti per il bestiame prodotti dai gas serra. È possibile?

Mauro Antongiovanni 06 November 2024

Il Ministero Neozelandese dell’Industria sta finanziando un progetto di ricerca per produrre alimenti zootecnici a partire dai gas serra. Il progetto parte dall’osservazione che due microrganismi, un batterio ed un’alga che vivono in condizioni estreme di temperatura in siti geotermici, producono biomasse proteiche a partire dai due gas climalteranti anidride carbonica e metano, le bestie nere dei gas digestivi prodotti dai ruminanti.

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