Agricoltura e gestione razionale della fauna selvatica

Si è svolta presso l’Accademia dei Georgofili una giornata di studio su “Agricoltura e gestione razionale della fauna selvatica”, organizzata in collaborazione con la Regione Toscana. Secondo quanto è emerso dagli interventi degli esperti, gli ungulati in Toscana sono 350mila. Un numero che ha costretto moltissimi agricoltori a stendere chilometri e chilometri di rete metallica a protezione delle colture, che mette a repentaglio l’equilibrio ambientale di tutta la Regione, causando problemi anche dal punto di vista forestale ed idrogeologico.

di Franco Scaramuzzi
  • 06 March 2013
Il tema dell’agricoltura e della gestione della fauna selvatica si inserisce nel quadro più ampio e complesso dei rapporti fra tutela dell'ambiente e agricoltura. Gli agricoltori sono sempre stati storicamente e sono tutt'ora i più interessati e quindi i più attenti alla tutela dell'ambiente, perché è la matrice naturale delle loro attività. Lo dimostrano, con esemplare evidenza, anche i disastri idrogeologici che avvengono nelle aree da essi abbandonate. 
Dalla metà del secolo scorso, gli agricoltori hanno saputo incrementare le produzioni unitarie e migliorarne la qualità, adottando importanti innovazioni offerte soprattutto dalla genetica e dalla meccanizzazione (rivoluzione biotecnologica). Come in ogni cambiamento forzatamente rapido, qualcuno ha commesso anche errori, impiegando nuovi mezzi di produzione oltre i limiti della razionalità. Ma questo fa sempre parte dei rischi che ogni progresso può comportare e che può essere concordemente corretto. Contestualmente, sono andate però crescendo istanze ambientaliste che prescindono dai danni che possono a loro volta arrecare all'agricoltura. 
Lo stesso termine agricoltura viene oggi più puntualmente definito come "razionale tutela e gestione delle risorse produttive rinnovabili della biosfera". E' una definizione che richiama agli stretti legami logici fra agricoltura e ambiente. Le piante costituiscono la fonte biologica rinnovabile più importante, di comune interesse agricolo e ambientale. Purtroppo un numero crescente di istanze ambientaliste prescindono dai danni che possono arrecare all'agricoltura. Da un decennio, alcune direttive della PAC europea, quali set-aside, decoupling e quel greening che è ancora in discussione ed i cui benefici sono discutibili, trascurano la produttività agricola, senza preoccuparsi delle previste carenze alimentari a livello globale.
L'agricoltura è l'unica fonte di tutti i nostri alimenti (anche di origine animale) e le piante ci forniscono l'ossigeno per respirare e per mantenere equilibrata la composizione atmosferica. Senza una vegetazione sana e attiva non sopravvivremmo. Abbiamo dovuto quindi imparare ad apprezzare le piante (non solo quelle spontanee), a coltivare per loro la terra, rendendola più fertile nel tempo. 
Anche la protezione della fauna selvatica è assurta fra le istanze ambientaliste, senza preoccuparsi troppo dei danni procurati all'agricoltura (dai cinghiali agli storni) liberi fino al punto di distruggere i raccolti. In questa problematica entrano anche gli interessi dei cacciatori a tutela di una attività che da fondamentale fonte di cibo e oggi considerata un'attività sportiva di largo interesse. 
Occorrerebbe che per ogni problematica specifica, non mancasse una visione equilibrata e condivisa delle esigenze ambientali, ma l'intento per tutelare allo stesso tempo le indispensabili funzioni dell'agricoltura e quant'altro, guardando anche ciò che ci attende nel futuro. 


FOTO: Archivio Diana