L’assedio di Parigi nel 1870 e il consumo di carne

di Giovanni Ballarini
  • 23 May 2018
Durante l’assedio di Parigi del 1870 si mangiò ogni tipo di carne, e i gourmet impararono a mangiare anche l’elefante, con una lunga e complicata preparazione.
Durante l'assedio di Parigi, durato dal 19 settembre 1870 al 28 gennaio 1871, pecore e bestiame furono collocati nel centro della città, che si preparava a razionare le derrate, cosa che non eviterà il decesso di numerosi civili per la mancanza di cibo, specie verso la conclusione dell'assedio. All'inizio dell'assedio si stimò che il cibo a disposizione nella città sarebbe stato sufficiente per i successivi ottanta giorni, fino a metà novembre. Verso la fine dell'assedio le scorte disponibili erano però da tempo terminate e gli animali degli zoo furono usati per sfamare i parigini. A gennaio le condizioni della popolazione erano critiche. La carne di mulo e di cavallo era stata consumata, così come la legna da ardere e comprare un pollo o del legname era diventato un affare per ricchi. La gente per riscaldarsi giunse a utilizzare i letti e il mobilio delle proprie abitazioni. Per la fame e il freddo morirono, durante il mese di gennaio, il più duro di tutto l'assedio, tra i 3.000 e i 4.000 parigini.
Sulle carni mangiate durante l’assedio di Parigi vi furono diverse leggende, in parte con una base di verità. Se è vero che si mangiarono i topi e i ratti, in Africa detti anche quaglia dei poveri, non corrisponde a verità d’etimologia di ragù come rat au gout du boef, termine che invece deriva da ragouter, che significa insaporire e è attestato molto prima dell’assedio. Per il gatto non vi è da stupirsi, in quanto da tempo nelle città è cibo dei più poveri che lo denominano “lepre dei tetti” e che ha diverse citazioni letterarie italiane, tra queste quella di Ippolito Nievo che nelle Confessioni di un italiano racconta quanto segue la caduta della repubblica napoletana e quando Carlo Altoviti con la Pisana arrivano a Genova. La fanciulla è debole e bisognosa di mangiare e per nutrirla con carne si ricorre al gatto di un amico. “Vada per il petto d’angora… Alla Pisana non piacciono molto i gatti vivi, ch’io sappia; ma le si faranno piacere i morti”.
Certamente l’aver mangiato la carne degli equidi è servito a diffondere quest’abitudine anche fuori dalla Francia, una pratica che non ha riguardato il cane la cui “carne fragrante” è molto apprezzata in Asia. Può invece stupire l’alto prezzo della carne d’elefante alla quale Le Grande Dictionnaire de Cuisine di Alexandre Dumas (1870 – 1873) dedica la ricetta per cucinarla, secondo le indicazioni di M. Duglerez di casa Rotschild. Una ricetta usata a Parigi o importata dalle colonie asiatiche francesi? Con buona pace dei gourmet non si consiglia di mangiare l’animale intero, ma preferibilmente la proboscide e le zampe, soprattutto di animali giovani. E il resto dell’animale? Le frattaglie e soprattutto le abbondanti trippe? Mistero. Comunque le zampe di giovani elefanti vanno spellate e disossate, poi sgrassate per quattro ore in acqua tiepida. La carne così ottenuta va porzionata, poi sbollentata in acqua per un quarto d’ora, passata in acqua fresca e asciugata. Cuocere per dieci ore in pentola a chiusura emetica aggiungendo fette di prosciutto, cipolla, aglio, spezie, vino di Madera e brodo di carne. Servire la carne sgrassata e ben glassata aggiungendo vino di Porto, con una salsa piccante al peperoncino. Se la ricetta sembra complicata, anche se si avvicina a quella del tradizionale stracotto, nel caso (non facile) di avere a disposizione carne di elefante, si può seguire la moda indiana, che consiste nell’avvolgerla in foglie e legale con un giunco, cuocendo il tutto sotto la cenere.
Infine è curioso conoscere il prezzo degli animali e delle carni consumate a Parigi durante l’assedio. Prezzi animali (in franchi cadauno) - coniglio 56, corvo 0,75, gallina 66, gatto 14, oca 164, topo 2,60. Prezzi carni – (in franchi al kilogrammo) - Carne di asino 16,50, Carne di cane 9, Carne di cavallo 12,50, Carne di elefante 41,25, Carne di maiale 31.