Quando si parla di olio extravergine di oliva molto spesso si fa riferimento all’acidità ed in effetti tale parametro è probabilmente l’indicatore che meglio di qualsiasi altro riesce a sintetizzare una valutazione complessiva sulla qualità chimica.
Il problema è che tale parametro viene interpretato dalla maggior parte dei consumatori in maniera errata. Cerchiamo di capire cos’è e cosa rappresenta. Una molecola di olio integra avrà pochissimi acidi grassi liberi. L’acidità di un olio misura proprio la quantità di acidi grassi che si sono separati dal glicerolo. Tanti meno acidi grassi si saranno separati dal glicerolo, tanto più integra sarà la molecola del l’olio e di conseguenza più bassa sarà la sua acidità. Un olio extravergine prodotto da olive sane e raccolte al giusto livello di maturazione, utilizzando corrette tecniche di raccolta, trasformazione e conservazione, avrà generalmente una acidità molto bassa. Nel corso delle varie fasi del processo produttivo si possono tuttavia verificare particolari condizioni che alterano la composizione chimica dell’olio ed incidono sulle sue caratteristiche olfatto-gustative deteriorandone pertanto la qualità.
Fenomeni fermentativi ed ossidativi sono i principali responsabili dell’innalzamento dell’acidità così come dell’insorgere dei difetti organolettici. In altre parole, molire olive non sane e non fresche oppure molire le olive in modo non corretto determina una separazione degli acidi grassi dal glicerolo, un innalzamento dell’acidità dell’olio e l’insorgere di difetti organolettici ovvero di sapori ed odori sgradevoli
L’acidità di un olio è espressione di un qualcosa che l’organismo umano non è in grado di valutare con i propri sensi.
È importantissimo sottolineare quindi che nessuno, neanche un esperto assaggiatore, potrà determinare l’acidità di un olio assaggiandolo, ma per conoscerla si dovrà ricorrere all’analisi chimica.
Si deve però aggiungere che è altrettanto vero che assaggiando un olio che presenta difetti organolettici si può ipotizzare che lo stesso abbia una acidità più elevata visto che i difetti organolettici generalmente sono sintomo di fenomeni fermentativi ed ossidativi che influiscono anche sullo stato di salute chimica dell’olio. Scegliere un nome diverso da attribuire a questo importante parametro chimico (magari “integrità” di un olio, invece di acidità), probabilmente avrebbe aiutato ed evitare l’equivoco in cui in molti incorrono.
Il termine acidità ci induce infatti a pensare ad uno dei quattro sapori fondamentali (insieme al dolce, al salato ed all’amaro) che l’organismo umano è in grado di percepire attraverso il senso del gusto, e non ci si deve meravigliare pertanto se molti consumatori erroneamente associano all’acidità la sensazione di piccante presente in differenti intensità in quasi tutti gli oli extravergini.
Niente di più sbagliato visto che il piccante è invece la manifestazione sensoriale della presenza di una importantissima classe di sostanze aromatiche chiamate polifenoli, che oltre ad essere dei potentissimi antiossidanti naturali sono proprio i responsabili di tale sensazione.
(foto da: abagnomaria.blogosfere.it)