"Foraging", nome nuovo per erbe antiche

di Giovanni Ballarini
  • 28 March 2018
Fare la calzetta con ferri e gomitoli è diventato di moda con la denominazione di knitting, preparare il pane in casa è ora nobilitato dal termine baking, raccogliere radicchi e altre erbe di campo è una novità se si usa la denominazione anglofona di foraging o se si ricupera il vocabolo antico di alimurgia, dimenticando che quest’ultimo termine significa usare cibo selvatico in periodi di carestia, povertà e fame. Alimurgia è infatti parola che Giovanni Targioni Tozzetti, accademico della neonata Accademia dei Georgofili fondata nel 1753, inventa e usa nella sua pubblicazione De alimenti urgentia (1767) trattando di Alimurgia o sia modo di rendere men gravi le carestie.
Fitoalimurgia oggi è l’approccio scientifico di botanica ed etnobotanica applicate alla alimentazione umana con piante selvatiche, una consuetudine che si perde nella notte dei tempi e che prende origine dall’alimentazione delle specie che ci hanno precedute. Il termine fitoalimurgia deriva dalle parole greche di phyton (pianta), alimos (che toglie la fame) e ergon (lavoro). Alimurgiche sono le piante selvatiche commestibili, non velenose o dannose, in forma di foglie, fusto, germogli, fiori, radici, tuberi, bulbi e bacche e recenti indagini dimostrano la grande varietà delle piante selvatiche possono avere un uso alimentare. Per esempio, F. Lentini e F. Venza (J Ethnobiol Ethnomed, 2007 Mar 30;3:15.) con una ricerca durata trenta anni documentano che in Sicilia 188 specie selvatiche sono utiliz-zate nella cucina tradizionale, senza contare le alghe e i funghi. Per l’Italia M. P. Ghirardini e collaboratori (J. Ethnobiol. Ethnomed, 2017 May 4; 3: 22) in uno studio etnobotanico compiuto in ventuno le comunità locali in Italia, quattordici delle quali del Nord Italia, uno in Italia centrale, in Sardegna, e quattro nel Sud Italia, dimostrano che il consumo di piante selvatiche è un’attività importante, le specie più consumate sono Asparagus acutifolius, Picroides reichardia, Cichorium intybus, Foeniculum vulgare, Sambucus nigra, Silene vulgaris, Taraxacum officinale, Urtica dioica, Sonchus e Valerianella spp., la specie più diffusa è Borago officinalis, mentre nel Nord prevalgono le Rosaceae e nel Sud le Asteraceae, Brassicaceae, e le Liliaceae. Non manca inoltre una bibliografia divulgativa sulle piante selvatiche commestibili e sui loro usi in cucina, perché l’interesse per la fitoalimurgia è stato incrementato dagli chef e cuochi più o meno celebri che usano piante selvatiche nella loro cucina innovativa che ricupera antiche e dimenticate tradizioni.
La ricerca e l’uso alimentare di piante selvatiche non manca di incidenti e pericoli e ha la necessità di un’esperienza come avevano le nostre antenate. Oltre a non danneggiare l’ambiente naturale con più o meno devastati raccolte, bisogna avere una preparazione di botanica e di riconoscimento dei vegetali e se non si è certi di quello raccoglie è meglio non avventurarsi in pericolose esperienze. Infatti, le esposizioni ed i possibili avvelenamenti provocati dall’assunzione accidentale o volontaria di erbe sel-vatiche sono un fenomeno in crescita negli ultimi anni. Dalle segnalazioni presenti in letteratura e dai casi riscontrati nei pronto soccorso e nei Centri Antiveleni, anche in Italia frequenti sono gli incidenti cardiotossici provocati da piante molto diffuse sul territorio come Digitalis purpurea e altre piante contenenti glicosidi cardioattivi, le tachicardie da piante contenenti alcaloidi come l’ Aconitus napellus L., l’Atropa belladonna L. o la Mandragora officinarum L, le crisi ipertensive provocate dall’uso di liquirizia e le tachiaritmie da Ephedra distachya L. Non rari sono anche gli avvelenamenti da cicuta, la pianta velenosa divenuta famosa per la morte di Socrate, e della quale sono note tre specie, delle quali la più tossica è la cicuta maggiore (Conium maculatum) causa anche del coturnismo ("Coturnismo, avvelenamento naturale" – v. Georgofili INFO, 17 maggio 2017 - http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=4256). Altri vegetali selvatici che recentemente in Italia hanno provocato gravi malattie o morti sono la mandragora (Mandragora autumnalis) che provoca stati agitazione, alluci-nazioni e, nei casi più gravi, convulsioni e coma, e un fiore tossico (Colchi-cum autumnale) scambiato per zafferano selvatico (Crocus biflorus) con un avvelenamento che può portare alla morte per insufficienza respiratoria o collasso cardiocircolatorio.
Foraging non significa andar per boschi a raccogliere ogni tipo di vegetali e nemmeno raccattare erbe o fiori nelle aiuole di città o su terreni de-gradati che possono contenere tossici o di piante sviluppate in ambienti dove domina lo smog, perchè bisogna scegliere territori incontaminati e soprattutto avere una precisa conoscenza di quel che si raccoglie.