A tavola con il cambiamento climatico

di Giovanni Ballarini
  • 17 January 2018
Torrida è stata l’estate del 2017 in Italia e quest’anno, sulla base di dati ISAC CNR, si classifica al sesto posto tra gli anni più caldi dal 1800, con una temperatura di 1,16 gradi superiore alla media del periodo di riferimento e soprattutto è l'anno più secco di sempre, con la caduta del 31% di acqua in meno della media provocando la più grave siccità da 217 anni, confermando il cambiamento climatico in corso. La possibilità che in futuro si ripetano estati ro-venti con temperature decisamente sopra la media sono stimate essere dieci volte più probabili in futuro rispetto al secolo passato e questa è la conclusi-ne della World Weather Attribution che avverte che, in mancanza di misure drastiche per contrastare il riscaldamento globale, nel 2050 le stagioni roventi come quelle del 2003 o del 2017 saranno la normalità.
I Lapponi dell’Europa settentrionale, i Siciliani che vivono al centro del Mediterraneo, i Bantù o i popoli che vivono nella fascia sub-sahariana del Sahel hanno alimentazioni differenti, non soltanto per la diversa disponibilità di alimenti, ma anche per il clima che influenza la fisiologia, i modelli nutrizionali e le attività metaboliche degli organismi umani e animali, come già dettagliatamente considerato alcuni anni fa da Dario Cianci (Cianci D. – Clima ed abitudini alimentari – Georgofili INFO, 9 dicembre 2015). Nel cambiamento climatico in atto bisogna considerare non solo gli effetti sull’agricoltura ma anche sul sistema agroalimentare e come si modificano le abitudini alimentari della popolazione umana e come la modifica del carrello della spesa pone nuove domande al sistema agroalimentare. In questo quadro come evolve l’alimentazione e come possono modificarsi i consumi?
La vita umana è legata al clima, alla temperatura media e alle sue escursioni, alla piovosità e all’umidità, alla durata, composizione e intensità della radiazione solare e ai movimenti dell’aria che, determinando reazioni fisiologiche, influiscono su gran parte delle attività organiche e non ultima l’alimentazione. Se è vero che gran parte della popolazione italiana vive in ambienti non naturali, con una temperatura e un’illuminazione artificiale e con ritmi di vita tendenzialmente simili in estate e in inverno, tuttavia i cambiamenti climatici stanno dimostrando la loro certa influenza sui consumi alimentari.
Analizzando l'andamento sul mercato di circa cinquecento prodotti du-rante il 2015, un anno particolarmente caldo, si vede che l'innalzamento delle temperature medie muta le abitudini di consumo delle famiglie ed entra nel carrello della spesa degli italiani, portando più insalate e meno cotechini, molte bottiglie d'acqua e quantità inferiori di pizze da infornare. In particolare aumentano le vendite di liquidi dissetanti, acqua prima di tutto, con un aumento di quasi il dieci per cento, assieme al tè freddo e alle bevande agli aromi (più dodici per cento). Contestualmente diminuiscono gli stufati, le pietanze cucinate, i cibi che richiedono molto tempo ai fornelli, come torte, pizze, sughi, o riconducibili alla stagione fredda: i cotechini scendono del cinque per cento, i wurstel e lo strutto del sei, le fondute del tre e mezzo, i torroni di oltre l'otto per cento. Nell’anno e quasi in ogni stagione aumentano le insalate capresi e le macedonie, si mangiano più gelati e tonno in scatola e si affermano i piatti pronti, freschi e leggeri. La lattuga in busta è in testa, con un aumento del duecento per cento, seguita dai pomodori confezionati con un più centottanta-sei per cento. Aumentano i carpacci e soprattutto i salumi affettati (più tredici e mezzo per cento) e i formaggi più freschi e leggeri (più diciassette per cento).
I cambiamenti della dieta condizionati dalle modifiche climatiche non sono una novità e s’inseriscono in un'onda lunga di una tendenza che si sta af-fermando anno dopo anno e gli economisti cominciano a interrogarsi su gli ef-fetti economici del fatto che i consumatori già da qualche tempo hanno dato avvio a uno slittamento stagionale nei loro consumi alimentari. Secondo un’indagine Doxa, il cinquantuno per cento degli italiani individua nei cambiamenti climatici la causa fondamentale delle future modifiche nella dieta e in questa un tipico indicatore è la diminuzione del consumo di sale, non perché si mangiano meno insalate, anzi, ma perché si fanno bollire meno alimenti, come l'acqua per la pasta o la verdura lessa. Quando fa caldo si consumano più acqua, frutta e verdura e meno cibi grassi.
Il consumatore di oggi è attento alla salute e fa scelte consapevoli, orientandosi verso alimenti adatti alla stagione e richiederà più frutta, verdura e altri cibi vegetali di rapida utilizzazione e carni bianche di avicoli, vitello, maiale leggero e coniglio e di carni rosse magre da mangiare fredde come carpaccio e salumi magri a breve stagionatura o preaffettati (prosciutto, bresaola ecc.). Queste richieste si scontrano con i cambiamenti climatici in atto che provocando effetti estremi, ondate di calore e periodi di forte siccità, alternati a fasi di lunghe piogge torrenziali, si ripercuotono negativamente sulle produzioni agro-zootecniche e sulla qualità del cibo, con la previsione di una diminuita e irregolare disponibilità e di un calo della qualità. Una dieta più povera di frutta e verdura, dunque di vitamine, fibre e sostanze antiossidanti, avrà un effetto negativo sullo stato di salute della popolazione.
Non solo l’agricoltura e la zootecnia, ma anche l’industria e la distribuzione devono adeguare gli alimenti alle nuove esigenze dei consumatori con innovazioni che tengano conto di un clima caldo, per il quale sono adatti ali-menti d’origine animale freschi, magri, pronti all’uso e che possano associarsi a verdure e altri vegetali per un’alimentazione nutriente, sana, leggera e adatta al cambiamento climatico.