Gastronomia del pomodorino

di Giovanni Ballarini
  • 15 November 2017
Due sono i vegetali che si fregiano della qualifica “da tavola” o “da mensa”: l’uva e il pomodoro, una attribuzione che hanno conquistato con la loro qualità gastronomica e la grande diversificazione di forme, colori e soprattutto gusti che sono richiesti e valorizzati da una cucina sempre più attenta agli alimenti d’origine vegetale e da una dalla gastronomia che valorizza i caratteri degli alimenti.
Nel passato la cucina borghese ottocentesca dei sughi e delle salse copriva i sapori originari creandone di nuovi ma, a partire dalla Nouvelle Cuisine, questo è uno dei suoi pregi, nell’odierna gastronomia gli alimenti devono avere e mantenere i loro sapori e in particolare un pomodoro deve sapere di pomodoro. Questo cambiamento gastronomico ha portato alla ricerca sempre più raffinata di nuovi colori, forme e soprattutto sapori e per quanto riguarda il pomodoro, da diverso tempo è avvenuta la differenziazione tra il pomodoro da industria per la preparazione di conserve, passate e salse, e il pomodoro da tavola o da mensa.
Tra i pomodori da tavola, accanto a quelli tradizionalmente usati in insalata e tra questi il classico cuore di bue, recentemente hanno avuto su-cesso e si sono diffusi piccoli pomodori tra i quali il ciliegino, il datterino e il mini-plum, con un’esplosione senza fine di varietà che si differenziano per forma, colore, aroma e sapore, assumendo denominazioni le più diverse, a volte fantasiose e spesso divertenti. Molte sono le proposte dei pomodorini allungati con frutti eleganti, di un bel colore verde brillante o rosa, con una costolatura regolare ed elegante o con le bacche a grappolo. Queste nuove ed interessanti tipologie, e tante altre ne compaiono e ne sorgono ogni stagione, per la loro piccola dimensione si adattano al consumo snack, anche fuori pasto e in ogni momento della giornata.
Odiernamente il pomodoro da mensa nelle due grandi categorie da insalata e da snack non è più una commodity, ma è divenuto un considerevole settore del Made in Italy dell'agroalimentare vivendo un'importante evoluzione, favorita in particolare dal nuovo e particolare posizionamento nella alimentazione dei pomodorini da mensa. Secondo i dati disponibili, la produzione di pomodoro da mensa dei paesi dell’Unione Europea è di poco in-feriore a sette milioni di tonnellate, circa il 13% del volume mondiale. Al primo posto vi è la Spagna con due milioni e trecentomila tonnellate (35% del totale), seguono l'Italia con oltre un milione di tonnellate e poi Paesi Bassi, Francia e Grecia. A livello mondiale al primo posto è occupato dalla Cina con il 31% di quota, seguiti da India e Stati Uniti e questi tre paesi coprono circa la metà della produzione mondiali (Fonte FAO, 2015). In Italia, la Sicilia guida le produzioni con oltre trecentottantamila tonnellate (34% del totale), segue il Lazio con il 14%, la Campania (12%) e la Puglia (11%) (Fonte ISMEA, 2015).
Il pomodoro rappresenta è un importante simbolo del Made in Italy, un’eccellenza ortofrutticola richiesta in tutto il mondo, il secondo ortaggio fresco più consumato in termini di quantità (dopo la patata), il primo per valore (Fonte ISMEA-Nielsen, 2015). Il mercato italiano preferisce largamente il pomodoro italiano, con una tendenza anche degli altri paesi perché la Germania vuole prodotto tedesco e la Spagna quello spagnolo. Una conseguenza non solo di un certo patriottismo, ma certamente per la qualità an-che e forse anche conseguenza della propaganda a favore del “chilometro zero”, che però va anche a penalizzare l'export in generale e in prima linea quello italiano.
Il mercato e soprattutto la gastronomia dei pomodorini da mensa hanno molte luci, ma anche qualche ombra. Le piccole dimensioni facilitano un rapido consumo dei pomodorini anche con le dita (finger food), ma un con-sumatore sempre più avveduto oltre l'aspetto e la comodità d'uso esige un riscontro del palato e quindi una qualità gastronomica di aroma e sapore, che devono essere al centro della selezione e della produzione. Altrettanto importante è una corretta educazione del consumatore perché ogni pomodoro ha una sua destinazione gastronomica particolare. Per esempio un Piccadilly è adatto per il sugo e non per l'insalata, e altre varietà sono adatte per gli snack, aperitivi, antipasti e per i sempre più diffusi “apericena”.
Per quanto riguarda la qualità del pomodorino da mensa, che in gene-rale è mangiato crudo e con poco o nessun condimento, inizia a rivelarsi importante il metodo di coltivazione e soprattutto il “fattore terra”. La coltura protetta è la soluzione ideale, ma non quella fuori suolo che sta prendendo piede perché aumenta le rese ad ettaro, con una conseguente riduzione dei costi di produzione e una produzione uniforme in tutti i mesi dell’anno, ma rende uguali e quindi anonimi i pomodori coltivati in ogni parte del mondo, dalla Sicilia ai Paesi Bassi. È la terra e l’acqua d’irrigazione che con la loro variabile composizione contribuiscono a dare al pomodoro il sapore del territorio, per cui un pomodoro coltivato sulle terre vulcaniche napoletane è diverso da un anonimo pomodorino da coltivazione idroponica olandese.
Il mercato del pomodoro è sempre più dinamico e con sempre maggiori sfide. Per rispondere alle esigenze dei diversi attori della filiera è necessario concentrarsi sulla sostenibilità delle coltivazioni e sulle caratteristiche gastronomiche che si collegano anche alle nuove condizioni d’uso. Bisogna guardare alle moderne abitudini alimentari nelle quali i pomodorini non sono mangiati cotti, ma crudi e senza condimento, divenendo necessario sviluppare le loro caratteristiche di colore, consistenza e sapore che derivano non solo dalla loro genetica, ma soprattutto dalle condizioni di coltiva-zione.