Esperimenti educativi negli istituti tecnici

di Claudio Peri*
  • 01 March 2017
Il modello tradizionale di sviluppo del comparto agroalimentare basato sulla standardizzazione, meccanizzazione, industrializzazione e globalizzazione delle filiere produttive è in crisi in tutto il mondo. Nei Paesi a più alto reddito si rivendica il diritto dei consumatori alla trasparenza delle filiere, alla valorizzazione delle tradizioni, alla difesa dell'ambiente, oltre che al rispetto di valori etici e sociali. Nei Paesi in via di sviluppo si rivendica tutto ciò e in più il diritto a sottrarsi alla colonizzazione da parte delle multinazionali dei prodotti e delle grandi commodities alimentari.
Queste rivendicazioni hanno serie motivazioni salutistiche, di ecosostenibilità e di equità sociale.

Occorre proporre modelli di sviluppo basati su logiche verticali “terra-prodotto-consumatore” e sistemi cooperativi non più unificati in base alla omogeneità settoriale (gli agricoltori, i trasformatori industriali, le aziende della commercializzazione, quelle della ristorazione e dell'accoglienza), ma in base all'obiettivo della valorizzazione economica dei prodotti.
In termini operativi e pratici, tali modelli ruotano attorno a due esigenze:
- la prima è strutturale e implica la creazione di comunità di filiera come “Communities of Practice” , forse più efficacemente definibili, nel nostro caso, “Communities of Purpose”;
- la seconda esigenza è di metodo e implica l'attivazione di reti informative fra gli operatori della comunità e l'uso sistematico del feedback dell'informazione come strumento di controllo dei punti critici, di innovazione e di formazione continua degli operatori.
Perché un modello di questo tipo abbia successo si devono superare due resistenze e due limiti di approccio e di mentalità: 1) sul piano pratico, la tendenza degli operatori economici a finalizzare le loro attività in imprese individuali invece che comunitarie e 2) sul piano formativo, la tendenza delle nostre scuole a finalizzare la formazione professionale all'approfondimento specialistico invece che alla multidisciplinarità e al collegamento delle conoscenze.

Il Centro Studi per la Qualità dell'Accademia dei Georgofili partecipa da diversi anni al dibattito internazionale che si è attivato su questi temi . La nostra preoccupazione più immediata è quella di un adeguamento della formazione professionale poiché riteniamo che la formazione di nuove figure professionali come “tecnici delle comunità di filiera” sia un'indispensabile premessa alla realizzazione e al successo delle Communities of Purpose del settore agroalimentare.
L'ambito educativo ideale per la formazione di tali tecnici è quello degli Istituti Tecnici (Agrari, Alberghieri, di altre specialità). Ci rivolgiamo pertanto ai responsabili scolastici di tali Istituti per dire loro che il Centro Studi per la Qualità dell'Accademia dei Georgofili è pronto a dare il proprio contributo a “esperimenti educativi” aventi per obiettivo la formazione di leader, programmatori o imprenditori di Communities of Purpose nel settore agroalimentare.
Come responsabile del Centro Studi accetterò qualunque invito mi sia rivolto dalle sedi opportune per discutere e approfondire gli sviluppi presentati in questa nota, sia sul piano imprenditoriale e operativo che su quello più strettamente educativo.

*Presidente Incaricato del Centro Studi per la Qualità dell'Accademia dei Georgofili, Firenze (claudio.peri@fastwebnet.it)