Cadmio nei fertilizzanti fosfatici: allarmismo ingiustificato

di Liviana Leita (1) e Claudio Ciavatta (2)
  • 22 February 2017
Nell’ambito della strategia sull’ Economia Circolare, la Commissione UE ha avviato la revisione del Regolamento 2003/2003 inerente la disciplina dei prodotti fertilizzanti. Se tale iniziativa intende apportare alcune importanti novità (es. l’ampliamento del novero dei prodotti includendo anche fertilizzanti organici, organo minerali, ammendanti e correttivi, substrati di coltivazione, biostimolanti etc.), essa presenta nel contempo altrettante criticità che investono sia il settore tecnico-scientifico che produttivo. Il contenuto di cadmio nei fertilizzanti fosfatici è ancora, come in passato, oggetto di vivace dibattito e controversi pareri nei consessi consultivi. Il cadmio è elemento costitutivo delle fosforiti e, di conseguenza, i fertilizzanti fosfatici ne contengono in quantità rappresentative del giacimento di origine. Il fulcro centrale del dibattito in ambito europeo ruota attorno alla valutazione del rischio di deterrenza della salute umana a seguito della presenza del cadmio nei prodotti agricoli. Se è innegabile che il cadmio è elemento estraneo ai cicli metabolici e, come tale, non salutare ed indesiderato, è altrettanto irragionevole ritenere che la quantità di cadmio apportato al suolo con la concimazione fosfatica possa rappresentare un elemento significativo di rischio di contaminazione dei prodotti agricoli. Ad oggi, la prevalenza della percezione del rischio piuttosto che la sua obiettiva valutazione che dovrebbe includere numerose variabili (dalle caratteristiche pedoclimatiche alla varietà di pianta, alle pratiche agronomiche etc…), porta a riservare eccessiva attenzione ai numerosissimi risultati, frequentemente controversi, ottenuti da ricerche e sperimentazioni condotte in condizioni controllate difficilmente rapportabili alle reali condizioni di campo. Uno degli aspetti a cui viene dedicato particolare interesse nell’ ambito dei dibattiti, riguarda il rischio associato all’ accumulo di cadmio nel suolo; è sostanzialmente tale aspetto che sta orientando la Commissione a regolamentare la graduale riduzione della soglia attuale di cadmio nei fertilizzanti fosforici (i.e. 90 mg Cd/ Kg P2O5 nei prodotti riservati per l’agricoltura biologica ) a 60 mg Cd/kg di P2O5 , poi a  40 mg Cd dopo tre anni, e di 20 mg Cd dopo 12 anni dall’ entrata in vigore del nuovo Regolamento comunitario.
Quale sia il criterio che ha portato a tale orientamento non parrebbe avere basi tecnico-scientifiche e cogliamo l’occasione per condividere una breve e semplice riflessione. Il contenuto medio di cadmio nei suoli agricoli italiani (in analogia alla maggior parte dei suoli agricoli in europa) è decisamente garante sotto il profilo del rischio ed intervalla intorno a 0.5 mgCd/kg di suolo. Ipotizzando quindi la concimazione annua pari a 100 kg P2O5/ha, la quantità di cadmio nel suolo (valore rapportato ai 40 cm di strato arabile, tralasciando la valutazione di asporti e dilavamenti) raddoppierebbe dopo 415 anni nel caso che la soglia di cadmio nelle fosforiti sia 60 mg Cd/kg P2O5, 626 e 1250 anni nel caso il contenuto sia 40 e 20 mg Cd/kg P2O5.
Pur nella consapevolezza della progressiva longevità della vita e nell’ottica della sostenibilità, pare quanto meno inadeguato l’allarmismo che persiste nei consessi decisionali volti alla regolamentazione dei contenuti di cadmio nei fertilizzanti fosfatici.   
Altro aspetto riguarda il rapporto suolo/pianta i cui processi sono legati non alla quantità totale del cadmio nel suolo, ma alla frazione presente in soluzione ed ai meccanismi propri della specie vegetale che portano sostanzialmente a contrastare l’assorbimento e la traslocazione di elementi estranei. Per altro, è noto che lo zinco è l’elemento che ostacola efficacemente l’assorbimento del cadmio da parte delle piante e quindi il terreno con una buona dotazione di zinco rappresenta un ulteriore garanzia per minimizzare eventuali rischi di contaminazione delle colture. 
Tuttavia, l’orientamento della Commissione che pare volgere alla diminuzione della soglia di cadmio nei fertilizzanti fosfatici, avocandosi al principio di precauzione, comporterà il ricorrere necessariamente al trattamento di decadmiazione delle fosforiti, processo economicamente gravoso che inevitabilmente avrà ripercussioni sul mercato, aspetto particolarmente preoccupante per i Paesi che devono importare i prodotti. 
Tenendo presente che le risorse primarie si stanno riducendo e i dettami dell’ Economia Circolare, una valida alternativa alla riduzione di apporti di cadmio al suolo può essere attuata adottando i nuovi criteri della fertilizzazione di precisione, pratica adempiente ai 3 requisiti fondamentali della sostenibilità (tutela dell’ ambiente, della salute e vantaggiosa economicamente), ovvero le nuove strategie per aumentare seriamente l'efficienza delle unità fertilizzanti (UF) fosfatiche
E' a tutti ben noto che gran parte dei suoli hanno una elevata dotazione di fosforo totale (1000-2000 mg P/kg di terreno) e al tempo stesso una insufficiente quantità di fosfati disponibile per la nutrizione delle piante (< 5 mg P/kg di terreno).
Tuttavia, nonostante si apportino al terreno fosfati solubili in acqua, l'efficienza delle unità di fosfato (unità fertilizzanti, UF) apportate al suolo, purtroppo, sono molto basse. E' evidente quindi la necessità di aumentare l'efficienza delle UF fosfatiche a) per evitare sprechi di materia prima - fosforiti (risorsa esauribile), b) per migliorare la disponibilità nell'arco del periodo vegeto-produttivo. Ciò comporterebbe un minore apporto al suolo di fosfati e cadmio per ettaro e per anno 
Le strategie per aumentare l’efficienza delle UE fosfatiche si possono riassumere mediante 
a) l'impiego di perfosfati ricoperti sia da membrane porose che avvolgono il granulo (l'apertura dei pori è temperartura-dipendente) o da sostanze organiche;
b) perfosfati formulati insieme a molecole organiche particolari che rallentano i processi di insolubilizzazione e di precipitazione e ne modulano il rilascio;
c) concimi organo-minerali formulati con materie organiche capaci di abbassare il rischio di insolubilizzazione e di precipitazione;
d) prodotti ottenuti dalla precipitazione di reflui di varia natura (acque reflue urbane, reflui zootecnici, ecc.) nell'ambito dell'Economia Circolare come la struvite (fosfato di ammonio e magnesio esaidrato [(NH4)MgPO4?6(H2O)]).
e) favorendo il processo di micorrizzazione, così importante per le colture erbacee
Le nuove norme dovrebbero avere una forte base scientifica e una esauriente valutazione dei rischi piuttosto che basarsi solamente sul principio di precauzione, che porterebbe a restrizioni ingiustificate e ingiustificati divieti per alcuni prodotti nel mercato interno europeo. A meno che non vi siano robusti dati scientifici che evidenzino rischi per l'ambiente o la salute umana e animale, requisiti tecnicamente irrealistici non dovrebbero essere fissati. 
A fronte di tali semplici considerazioni sarebbe necessario fare memoria invece sul ruolo fondamentale dei fertilizzanti: apportano nutrimento (alimento) alla pianta e salvaguardano la fertilità dei suoli coltivati (agrari). Questi sono gli aspetti che vanno valorizzati ora e sempre.

(1) Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria - CREA - Sede di Gorizia
(2) Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA), Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Viale Fanin 40, 40127 Bologna