Sistemi di “Agroforestry” per il miglioramento della sostenibilità delle produzioni animali

di Marcello Mele
  • 07 December 2016
Per i prossimi 50 anni è previsto un aumento delle richieste di alimenti di origine animale da parte dei paesi in via di sviluppo. Per soddisfare questo aumento della domanda, la produzione di carne e di latte dovrà tenere conto delle problematiche legate alla carenza di risorse naturali (acqua, terra ed energia) che si sta sempre più nettamente delineando a livello mondiale. Inoltre, nei paesi sviluppati, è crescente la domanda di alimenti di origine animale caratterizzati da elevato valore nutrizionale e prodotti nel massimo rispetto del benessere animale. E’ evidente come 
di fronte a questo scenario estremamente complesso sia necessario sviluppare nuovi modelli produttivi che arrivino a delineare processi di intensivizzazione sostenibile della produzione di carne e latte. Per quanto riguarda la carne, inoltre, molto forte è la spinta di movimenti di opinione che ne contrastano il consumo, sulla scorta di evidenze, non sempre scientificamente dimostrate, che identificano tale alimento come causa primaria di malattie degenerative per l’uomo e di emissione di gas ad effetto serra (GHG).
I sistemi integrati agro-silvo-pastorali, denominati anche sistemi di agroforestry, stanno riscuotendo interesse in molti paesi, sia europei sia extra europei (soprattutto quelli più interessati in passato a fenomeni di cambiamento di uso del suolo finalizzati alla messa a coltura di aree forestali). Tali sistemi si caratterizzano per applicare un modello di intensivizzazione sostenibile che presenta numerosi vantaggi. Si tratta di sistemi integrati che prevedono la coltivazione sulla stessa superficie agraria di colture arboree (da legno o da frutto) e di colture erbacee (da granella o foraggere) con la possibilità di inserire anche l’allevamento degli animali, per sfruttare le risorse foraggere. E’ bene sottolineare quindi due aspetti salienti: il primo è che non si tratta di inserire animali o 
colture in aree forestali, ma esattamente il contrario, coltivare essenze arboree da legno o da frutto in aree dedicate al pascolo e/o alle coltivazioni. Il secondo aspetto è che con questi modelli lo stesso ettaro di terreno è in grado di fornire fino a tre differenti tipologie di reddito: quello derivante dalla vendita del legno o dei frutti, quello derivante dalla vendita delle granelle e quello derivante dalla trasformazione dei foraggi in carne o latte. A questo si aggiungono altri aspetti legati alla possibilità, mediante l’adozione di questi sistemi, di mitigare l’effetto degli allevamenti animali sulle emissioni di gas ad effetto serra (GHG) e di aumentare l’adattamento degli animali ai cambiamenti climatici. Per quanto riguarda la mitigazione, è noto che gli alberi sono in grado di sequestrare quantità importanti di carbonio sia nella biomassa aerea sia in quella radicale, inoltre, è stato evidenziato anche un ruolo indiretto legato alla protezione del suolo da fenomeni erosivi. In molte aree del 
mondo, soprattutto in quelle a clima tropicale, sono stati osservati anche effetti indiretti sulla mitigazione, conseguenti ad un aumento della produttività degli animali da carne. In comparazione con i sistemi a pascolo tradizionali, infatti, i sistemi integrati agro-silvo-pastorali consentono di ottenere le stesse quantità di carne con un numero inferiore di animali, oppure, a parità di emissioni, una maggiore quantità di carne. Relativamente all’adattamento, il microclima che si crea nei sistemi di agroforestry è ritenuto utile per apportare conforto termico agli animali nei periodi in cui è rilevante il rischio di ondate di caldo estreme. Anche in questo caso si registra sia un effetto diretto dell’ombreggiamento sugli animali sia un effetto indiretto sul miglioramento della qualità nutrizionale dei foraggi coltivati nell’ambito dei sistemi integrati agro-silvo-pastorali.
L’Italia, soprattutto in alcune regioni come la Sardegna, possiede un patrimonio di sistemi agroforestry che hanno da sempre rappresentato delle forme tradizionali di allevamento e di organizzazione del paesaggio agrario. Esiste sicuramente la necessità di  conservare e valorizzare tali forme di agroforestry che rappresentano un utile strumento di contrasto al fenomeno dell’abbandono delle aree marginali e di conservazione del territorio e del paesaggio. E’ altrettanto necessario, tuttavia, sviluppare nuovi modelli di agroforestry, moderni ed efficienti, pensati per le 
aree ad agricoltura intensiva, per migliorare la sostenibilità ambientale dei sistemi di produzione e contrastare fenomeni quali l’erosione, la perdita di sostanza organica e le emissioni di GHG, garantendo, al contempo, un elevato standard produttivo. 
In entrambi i casi, alcuni sistemi zootecnici, come quello della produzione di carne bovina in Italia, potrebbero trarre grande vantaggio dall’adozione di tali sistemi, soprattutto in questa congiuntura socio-economica che vede messo in discussione il consumo di carne sia per motivi ambientali sia per motivi etici e nutrizionali. Tali sistemi consentirebbero di migliorare i seguenti aspetti:
sostenibilità ambientale (in quanto atti a mitigare le emissioni e a contrastare fenomeni erosivi);
benessere animale (in quanto in grado di conferire conforto termico agli animali e garantire loro un miglior adattamento agli eventi climatici estremi);
qualità nutrizionale dei prodotti (è noto l’effetto positivo di un alimentazione al pascolo sulle caratteristiche nutrizionali della carne).
Per raggiungere tale obiettivo, tuttavia, è fondamentale l’investimento in ricerca, al fine di acquisire tutte le conoscenze necessarie a costruire i modelli di sistemi di agroforestry più adatti alle condizioni pedo-climatiche italiane e in grado di garantire realmente una intensivizzazione sostenibile dei processi produttivi, così da mantenere alta la competitività delle aziende agricole italiane.