Cambiare nome al Ministero o cambiare politica nazionale?

di Dario Casati
  • 23 March 2016
La proposta del Ministro Martina di trasformare il ”Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali” in “ Ministero dell’Agroalimentare” dopo l’iniziale effetto annuncio non sembra avere aperto la riflessione responsabile sollecitata dal Prof. Franco Scaramuzzi, nostro Presidente Onorario. La storia del Ministero è lunga, travagliata e controversa, sino all’abolizione voluta da un referendum che, col senno di poi, fu determinato da una miscela di elementi generali, più emotivi che razionali. La sua rinascita in tempi brevissimi con nome e scopi diversi fu poi accettata senza difficoltà. Fra quegli elementi almeno due erano segnali importanti che furono sottovalutati: a) l’espressione di un rifiuto della politica che per emergere ha poi impiegato quasi un ventennio, b) la manifestazione di un confuso senso di rivolta nei confronti della scienza e del progresso che si è ampliata sino alle attuali posizioni di rifiuto pregiudiziale nei confronti dell’innovazione scientifica e tecnologica in agricoltura, nell’alimentazione, in medicina. Quel referendum, come altri sino ad oggi, è stato strumentalizzato a fini diversi da quelli limitati del quesito, come conseguenza della difficoltà di comprendere che cosa sia una democrazia rappresentativa rispetto alla prassi di quella diretta che risulta velleitaria in un paese grande e moderno. 
Il referendum era causato  dalle crescenti difficoltà provocate dalla nascita delle Regioni in carenza di una preliminare e chiara delimitazione delle competenze e dei meccanismi di gestione dell’agricoltura e, nello stesso tempo, dal progredire della costruzione europea con il passaggio di competenze e poteri all’Ue. Una lezione da meditare. La ricostituzione di un Ministero agricolo passò perché ci si rese subito conto che non se ne poteva fare a meno, sul piano sia del conflitto Stato/Regioni sia dei rapporti Stato/Ue. 
Far (ri)nascere un Ministero non significa (ri)creare un poltronificio. Bisogna avere ben chiari l’oggetto, gli scopi, l’area delle competenze e l’equilibrio dei poteri in un contesto in cui comunque le stesse competenze e funzioni sono già esercitate e l’organizzazione interna. Ciò pone di fronte ad un progetto che deve migliorare l’efficacia.   Che cosa significhi in un ordinamento statale il concetto di “agroalimentare” è un interrogativo di dubbia risoluzione. In un difficile equilibrio di poteri con le Regioni, gli altri Ministeri e l’Ue oggi si è costruito un sistema abbastanza collaudato. Introdurre il concetto di agroalimentare significa ridisegnare il tutto, ad esempio sottraendo materia ai Ministeri che si occupano di Industria, di Salute, di Commercio estero, cedendone a quello dell’Ambiente, ponendo il problema delle produzioni agricole non alimentari  assegnandole forse ad un altro Ministero, per non parlare degli entusiasmi per la Cucina che indurrebbero a considerare anche la preparazione domestica degli alimenti. Infine, intervenendo sulla ripartizione  costituzionale delle competenze Stato/Regioni. 
Il dibattito serve per chiarire i termini della questione. Un Ministero dell’Agroalimentare sembra richiamare un’economia neocorporativa e burocratica. Serve invece il rafforzamento dell’organizzazione attuale, la semplificazione delle troppe regole inutili, ripetitive e vessatorie. Soprattutto occorre un Ministero per l’Agricoltura che eserciti davvero poteri di indirizzo e di coordinamento sostenendo e stimolando la libertà di impresa. 
Questa sarebbe una vera riforma, meno di facciata, più di sostanza.

Change the name of the Ministry or change national policy?
After the announcement’s initial effect, Minister Martina’s proposal to transform the Ministry of Agriculture, Food and Forestry into the Agricultural and Food Ministry does not seem to have led to the responsible reflection prompted by Prof. Franco Scaramuzzi, our honorary president. The ministry has had a long, troubled and controversial history up to its abolition through a referendum that, with hindsight, was brought about by a more emotional rather than rational mix of general issues. Its rebirth in a very short time under a different name and different purpose was accepted without difficulty. We must bear clearly in mind the objective, purposes, areas of expertise, and the balance of powers in a situation where however the same skills and functions are already practiced and there is an inner organization. This places us before a plan that needs to improve its effectiveness. The meaning of the “agricultural and food” concept in a national system is a difficult question to answer. In an awkward balance of powers with regional administrations, other ministries and the EU, we have set up a rather well-tested system today. To introduce the concept of agriculture and food means to change everything. The debate is useful for clarifying the main points of the question. An Agricultural and Food Ministry seems to recall a neo-corporate and bureaucratic economy. What we need is to reinforce the present organization, simplify a lot of useless, repetitive, and oppressive rules. Above all, we need a Ministry for Agriculture that truly has the powers to lead and coordinate by supporting and stimulating free enterprise.
This would be a real reform, less for show, more for substance.