Il dovere degli scienziati di divulgare al pubblico le proprie acquisizioni

  • 25 February 2015
Riteniamo che meriti di essere conosciuto dai nostri ricercatori, quanto pubblicato dal neurologo Rosario Sorrentino su Il Corriere della Sera del 14/02/2015. Si tratta di un concetto che consideriamo utile e che cerchiamo di diffondere in coloro che stimoliamo a collaborare con il nostro periodico.

Ritengo che gli scienziati debbano sacrificare un po’ del loro preziosissimo tempo dedicato alla ricerca, spostando la loro attenzione anche sulla divulgazione della cultura scientifica con la determinazione di farlo con passione, nel modo più semplice e chiaro possibile …
La divulgazione scientifica dovrebbe diventare un nuovo paradigma culturale, una “cultura parallela” che permetta allo scienziato moderno di esercitare al meglio sia le conoscenze acquisite che il proprio modo di esprimersi, tale da renderlo il più coinvolgente possibile. 
La scienza può aspirare a diventare agenzia primaria di informazione e formazione nella società, ma il cambiamento deve iniziare nelle università preparando i futuri scienziati a parlare, quando si rivolgono ad altri, con assoluta chiarezza. Solo così la gente ci seguirà nel nostro lavoro, ci sosterrà e forse ci amerà di più …
E allora alleniamo il nostro cervello a quella che considero essere la qualità imprescindibile per chi vuol fare una comunicazione efficace perché ritengo che la vera dialettica non sia l’arte della persuasione e di convincere gli altri quanto piuttosto la capacità di trasferire concetti a volte criptici e incomprensibili, nel modo più semplice possibile.


The scientist’s duty to reveal findings to the public 

We believe the piece published by the neurologist Rosario Sorrentino in Il Corriere della Sera on 14/02/2015 deserves to be passed on to our researchers. We consider it a useful concept and one which should be disseminated to those we encourage to work with our publication. 

“Science can aspire to become a primary seat for information and training in society, but the change must begin in universities that should prepare future scientists to speak, when they address others, with absolute clarity. Only in this way will people follow us in our work, support us, and perhaps will value us more…”