In futuro carburanti e farmaci bio grazie al nuovo Dna semisintetico

  • 28 May 2014
L’annuncio da parte della rivista Nature della realizzazione di un batterio con Dna-semisintetico può aprire scenari di progresso scientifico totalmente inediti, ma ha anche causato parecchi timori. «Invece dovrebbe tranquillizzare, soprattutto chi ha paura delle biotecnologie - precisa Diego di Bernardo, direttore del laboratorio di Sistemi biologici e genomica funzionale dell’Istituto Tigem di Napoli -, perché l’utilizzo di basi artificiali per il Dna ci prospetta un controllo più facile dei batteri, e più in generale, delle cellule, geneticamente modificate».
Per quale motivo? «Perché i nucleotidi, i gruppi chimici necessari per le parti artificiali del Dna, dovremmo fornirli noi al batterio, dall’esterno, e quindi se smettessimo di dargliene lui smetterebbe di replicare la parte di Dna artificiale e le eventuali proteine che questo avrebbe reso possibile produrre».
Ma allora non è vero che il nuovo batterio può replicare il nuovo Dna. «Certo che è vero, però le sostanze che gli servono per il suo Dna nativo se le procura con la sua “normale alimentazione”, mentre quelle per le “basi artificiali” non le trova in natura». Insomma potremmo avere delle specie di batteri “Ogm” più sicuri? «Esatto, perlomeno, così si può pensare ora».
E quali sarebbero i vantaggi di questi nuovi batteri in prospettiva? «Il principale è che potrebbero permettere la fabbricazione di nuove proteine “artificiali”, ma anche, e soprattutto, garantire cose già possibili in teoria oggi, ma non realizzabili su larga scala per problemi tecnici o costi».
Che cosa c’entrano i costi? «Oggi se induciamo un batterio a produrre una sostanza utile per noi, per esempio un biocarburante, dobbiamo alterare gli equilibri biologici del batterio, interferendo con il suo metabolismo e rallentando il suo ciclo riproduttivo, e ciò comporta quindi un basso rendimento nella fabbricazione della proteina che ci interessa. Se invece potessimo aggiungere basi nuove al Dna non dovremmo “sottrarre” funzioni al Dna nativo, che potrebbe quindi continuare a svolgere tutti i suoi compiti come prima, e quindi otterremmo una maggiore produzione della sostanza che ci interessa, mantenendo anche una maggior tasso di replicazione del nostro batterio».
Quali sono i campi di applicazione pratica che si prospettano? «Di sicuro quello di batteri-fabbrica utili per biocarburanti e per programmi di depurazione ambientale. In secondo luogo i farmaci biologici: ne potremmo avere di più e a minor costo rispetto ad oggi. Poi, anche l’uso di batteri, per esempio, contro i tumori».

Da: Corriere della Sera, 9/05/2014 (Articolo di Luigi Ripamonti)