Una riflessione sull’agricoltura sociale

di Daniela Romano
  • 15 January 2020

Con Agricoltura Sociale (A.S.), come richiamato dalla legge 18 agosto 2015 n. 141, si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli e rivolte a: 1) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale; 2) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura; 3) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati; 4) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio.
L’A.S. è quindi un insieme di pratiche sociali e di attività agricole che si realizzano nell’ambito della multifunzionalità dell’impresa agricola. Il valore aggiunto dell'A.S. è la possibilità di integrare le persone svantaggiate in un contesto di vita dove il potenziale personale può essere valorizzato. La presenza e le relazioni con i coltivatori, il contatto con altri esseri viventi, sia animali che vegetali, l'assunzione di specifiche responsabilità sono alcune delle caratteristiche chiave delle pratiche riabilitative determinate dall'A.S.
L'A.S. rappresenta anche una nuova opportunità per gli imprenditori agricoltori di portare avanti servizi connessi, ampliando e diversificando lo scopo della loro attività e del loro ruolo nella società. L'integrazione tra pratiche agricole e servizi sociali può anche permettere nuove forme di guadagno per gli imprenditori agricoli, migliorando allo stesso tempo l'immagine dell'agricoltura nella società e favorendo lo sviluppo di nuove relazioni tra cittadini rurali e urbani. Per introdurre nel mondo produttivo persone che esprimono disagio sociale o disabili occorre cercare di mantenere, valorizzare e integrare le caratteristiche e le peculiarità del settore agricolo e di quello sociale, che si devono incontrare per raggiungere questi obiettivi.
È importante, soprattutto, rispettare le proprietà che riguardano la vocazione e le professionalità di ciascun settore, tenendo presenti alcune specificità di ognuno. Nel mondo agricolo il settore delle relazioni è un po' diffidente, più chiuso rispetto alle dinamiche territoriali; opera in reti di mercato e di filiera; il personale di solito è minimo. L'imprenditore agricolo parte dal pratico (dal quotidiano), ma la sua programmazione dei lavori è totalmente volta al futuro (es. semina-raccolto) ed è abituato ai tempi lunghi e alle attese. Nel mondo sociale, invece, il settore delle relazioni è aperto e costruisce una solida rete di rapporti con il territorio; il personale opera sempre in team, con un'équipe ampia e variegata, l'approccio al lavoro spesso parte dal teorico e passa poi al pratico; il settore è infine costretto a volte a lavorare in emergenza, con tempi spesso frenetici. I disabili, inoltre, che sono quelli che si vuole coinvolgere, spesso non hanno sufficienti esperienze professionali. L'impegno, nella fase iniziale, deve quindi essere volto a costruire un percorso di introduzione a un nuovo ruolo, che comporta responsabilità, orari, ruoli gerarchici da rispettare, compiti da eseguire e precise norme di comportamento. In un progetto di tipo lavorativo occorre procedere all'inserimento degli utenti con gradualità, prestando attenzione all'incremento e al possesso delle abilità professionali, sociali e relazionali, adeguandole al luogo di lavoro e verificando se vi sono delle incongruenze fra il comportamento richiesto dall'azienda e quello della persona.
Il processo produttivo deve, però, essere credibile. Occorre, quindi, definire specifici protocolli che tengano conto da una parte dell'assoluta sicurezza dei fruitori e dall'altra del fatto che la singola operazione colturale, oltre ad essere gratificante, deve determinare un miglioramento dello stato generale di salute e delle capacità del soggetto coinvolto.
Le attività agricole si prestano bene a questi scopi e non perché “facili” – molte operazioni industriali sono, infatti, molto più semplici – ma perché possono essere eseguite in modi sempre diversi e necessitano del rispetto dei tempi biologici – c'è “un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato” (Ecclesiaste 3.2) – per cui non diventano alienanti, come lo è la catena di montaggio, e possono essere estremamente gratificanti. L'orticoltura terapeutica e l'agricoltura sociale aprono quindi nuovi orizzonti, trasformano l'agricoltura stessa in “agri-cultura”, un'attività a misura d'uomo, che lo completa e lo ricollega alle proprie radici.