Uno studio sviluppato dal Gruppo di Fitobatteriologica del Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia (DAFNE) dell’Ateneo di Viterbo e coordinato dal Prof. Giorgio M. Balestra e dal Prof. Boris A. Vinatzer della Virginia Tech University (USA), ha svelato l’origine del batterio che dal 2008 sta devastando in Italia, come in Europa, Asia e Nuova Zelanda, le coltivazioni di kiwi.
Già segnalato nel 1980 in Cina, fino ad oggi sull’origine di questo batterio (Pseudomonas syringae pv. actinidiae, Psa) erano state avanzatate molte ipotesi ma nessuna certezza scientifica era stata ancora evidenziata.
"E stato un lavoro molto complesso", ha detto Balestra, "con il sequenziamento dell’intero genoma batterico, siamo stati in grado di studiare e collegare, la recente epidemia di Psa con isolati batterici simili isolati in Cina, e determinare che probabilmente è da lì che tutto è cominciato".
Lo studio ha previsto il sequenziamento dell’intero DNA di questo batterio da isolati della Cina, Italia e Portogallo; sono inoltre stati analizzati anche isolati batterici ottenuti in Nuova Zelanda, nostro principale competitor nella produzione ed esportazioni dei frutti di kiwi.
Per trovare l’origine della malattia, il team internazionale di ricercatori ha confrontato ed esaminato in dettaglio il DNA per verificare se, da un unico “antenato”, poteva essersi determinata un’evoluzione genetica in grado di permettere a questo patogeno, di causare le infezioni recenti.
Si è così scoperto che gli isolati del Giappone e della Corea appartengono ad una linea filogenetica distinta. Invece, gli isolati batterici di Psa provenienti dalla Cina, Europa e Nuova Zelanda sono quasi identici tra di loro, ma con una piccola differenza in una specifica regione del loro DNA, che lega la popolazione batterica rinvenuta in Nuova Zelanda a quella presente in Cina.
Pertanto, i ricercatori ritengono che lo scenario più probabile è che il batterio sia stato importato dalla Cina in Italia e dalla Cina in Nuova Zelanda, in modo indipendente, e che non sia stata l’Italia, come inizialmente ipotizzato, ad essere la causa della diffusione di questa batteriosi oltre oceano.
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