La grande riforma della Pac, iniziata nel lontano 1993, giunge ora alla fase preparatoria della sua sesta versione per il periodo 2021/2027. La Commissione nel novembre 2017, al termine di una minuziosa e, forse, pleonastica consultazione delle parti in causa, ha presentato le grandi linee della futura riforma, in attesa di conoscere le risorse finanziarie non solo per l’agricoltura. A maggio ha reso pubblica la sua proposta di Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per lo stesso periodo. Il 2 giugno quella relativa ai testi normativi della futura “nuova” Pac, compendiata in tre regolamenti, di cui uno, COM (392), contiene la sostanza della proposta.
Considerata l’importanza, ci si attende un dibattito che latita e appare rassegnato. Forse le cose cambieranno a primavera, nel calore preelettorale delle elezioni europee, a scapito della concretezza. Qui non illustriamo la proposta, ma proponiamo un’Agenda della Riforma che sia un elenco di punti critici e non un mero calendario.
Il
primo impegno è la definizione del QFP. Una sfida resa difficile da tre elementi: a) la riduzione delle entrate a causa della Brexit, b) il riequilibrio fra paesi pagatori netti e paesi riceventi, c) la dotazione della Pac. La proposta della Commissione è prudente e ragionevole. L’Italia perderà un po’, come tutti, ma grazie ai correttivi proposti meno del prevedibile, un fatto da non dimenticare. Il taglio alla spesa agricola sarà in linea con gli altri settori e meno grave di quanto temuto. L’agricoltura arretrerà al nuovo minimo del 28,5% del totale. Il rigetto del Parlamento Europeo che chiede un incremento e non una riduzione è poco realistico e dovrà essere recuperato con qualche concessione, più di facciata che di sostanza.
Il
secondo è politico. A primavera dopo le elezioni del Parlamento europeo vi sarà la nomina della nuova Commissione. Soffiano venti antieuropeisti e forse quella attuale, con i suoi limiti, è preferibile a un futuro incerto. Perciò a Bruxelles il confronto è fra chi vuole rallentare o accelerare l’iter del QFP e, a seguire, della Pac. La cautela è d’obbligo, forse sarebbe meglio chiudere al più presto.
Il
terzo riguarda il chiarimento sui caratteri di fondo della Riforma Pac. La Comunicazione di novembre aveva fatto sperare in una Pac davvero “nuova” e propositiva nella promozione dello sviluppo agricolo. I testi normativi vanno in un’altra direzione, pur con forti novità. Vediamo perché. La riforma, che alla fine non si differenzierà molto da questa proposta, non cambia sostanzialmente l’impronta attuale, ma incide sui meccanismi gestionali con l’intento di far rendere al meglio le risorse. Su ciò non si può che concordare, ma è una riforma senza un’anima, non la linea guida di politica agraria. Tutto ruoterà attorno al nuovo “Piano Strategico della Pac” (PS), un mega piano generale dell’Ue formulato sulla base delle indicazioni della Commissione e che conterrà le indicazioni dei piani nazionali, uno per paese, costruiti sulla base delle regole fissate dalla Commissione. Ogni anno i risultati saranno valutati accuratamente e serviranno per consentire il proseguimento. La quantità, complessità e minuziosità delle regole del PS sono disarmanti. Non è politica economica, ma ragioneria, l’agricoltura europea merita di più.
Quarto impegno, la definizione dei criteri della convergenza fra paesi e all’interno di ognuno che non sconquassi l’agricoltura europea con un insieme di regole e di parametri astrusi, ma che renda meno traumatica una situazione davvero complessa.
Al
quinto posto una riflessione su due questioni: la semplificazione e la trasparenza, invocate ad ogni tappa senza successo. La proposta conduce ad una costruzione burocratica perfetta nella sua logica ma difficilissima da avviare, portare a regime e gestire. Richiede tempi biblici, ma non semplifica nulla, semmai complica. Ne è prova il ricorso ad un lungo elenco di definizioni e di procedure, necessari per fare chiarezza. Lo stesso vale per la trasparenza, ridotta dalla nebbia di regole incrementate all’eccesso. Proprio ciò di cui l’antieuropeismo si lamenta. Un pessimo segnale per le future elezioni.
Infine, ma andrebbe al primo posto, l’impegno chiave: fornire un’indicazione chiara su che cosa debba fare l’agricoltura e come sostenerla con intelligenza strategica. Dalle centinaia di pagine di regolamenti e allegati non si capisce quali siano le novità di sostanza tanto attese. Piano, efficienza della spesa ed efficacia degli strumenti, valutazione dei risultati: tutti elementi da non trascurare, ma sono strumenti, non obiettivi. Una vera politica è un’altra cosa. Ne parleremo ancora, insieme alla cosiddetta rinazionalizzazione della Pac.