Il 23 maggio 2018, nei locali dell’ex Carcere Borbonico di Avellino, oggi sede Museale e Congressuale, organizzato dalla Sezione Sud-Ovest dell’Accademia dei Georgofili si è svolto l’incontro
“Le varietà di vite italiane sono pronte ad affrontare i cambiamenti climatici?”L’incontro è iniziato con gli indirizzi di saluto che sono stati portati dagli Accademici Luigi Frusciante, Donato Matassino, Roberto Di Meo, Rosario Di Lorenzo Presidente della Sezione e Stefania De Pascale, che ha moderato i lavori.
Il prof. Enrico Peterlunger dell‘Università di Udine ha evidenziato come il cambio climatico abbia incrementato la temperatura media annua nelle regioni del nord- Italia di circa 2,5 gradi negli ultimi 30 anni e che le conseguenze causate dal cambio climatico debbano essere affrontate in vigneto con strategie di gestione specifiche e adeguate. Fra queste ha posto l’attenzione sulla selezione di nuovi genotipi con maggiore resistenza/tolleranza verso la peronospora e l’oidio, passando in rassegna le dieci nuove varietà selezionate dall’Università di Udine in collaborazione con l’Istituto di Genomica Applicata di Udine e i Vivai Cooperativi Rauscedo. Queste varietà registrate nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite nel 2015, ad oggi autorizzate alla coltivazione nelle Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto e in fase di valutazione in altre Regioni, consentono di ridurre del 70% i trattamenti e forniscono vini di qualità del tutto comparabile a quella ottenuta con le migliori varietà di Vitis vinifera.
Il prof. Luigi Moio, docente di Enologia all’Università di Portici, ha trattato delle relazioni tra cambiamenti climatici e il vino nel futuro, per il quale ha provato a dare una Sua definizione. Il relatore ha messo in risalto la diversità e complessità degli effetti del cambio climatico sui differenti componenti dei mosti e sui metaboliti primari e secondari che definiscono la maturità tecnologica, fenolica e aromatica delle uve, in relazione agli ambienti di coltivazione, alle cultivar e alle tipologie di vino. L’Accademico Moio ha evidenziato il ruolo di fondamentale importanza dell’Enologo nelle nuove sfide che l’enologia di domani dovrà affrontare in relazione proprio ai cambiamenti del clima e ai nuovi orientamenti nel consumo del vino. L’Enologo dovrà essere capace di interpretare le interazioni che, nei diversi anni, si stabiliscono tra varietà coltivate e ambienti di coltivazione.
Il prof. Eugenio Pomarici dell’Università di Padova ha evidenziato come molti studi dimostrano che il cambiamento climatico avrà effetti di breve, medio e di lungo periodo, negativi o positivi in relazione alle diverse aree viticole. Nel breve termine sono attese modifiche delle rese, della qualità dei vini, dei costi di produzione e dei prezzi delle uve. Nel medio-lungo termine si prospettano variazioni nella disponibilità di risorse per la produzione (negative nelle aree mediterranee), cambiamenti della geografia vitivinicola e dei valori fondiari con conseguenti impatti sociali e modifiche nei rapporti competitivi. Il relatore ha evidenziato come le misure di politica agricola comunitaria nel settore vitivinicolo e nei programmi di sviluppo rurale già in essere possano assistere le imprese negli interventi di adattamento al cambiamento climatico, ma che sarà necessario porre una maggiore e specifica attenzione al tema, nel nuovo ciclo della politica comunitaria post 2020.
In conclusione si è sviluppato un ampio e approfondito dibattito a cui hanno partecipato anche gli Allievi del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Ateneo di Portici.