Le ville venete costituiscono una componente fondamentale del patrimonio storico e culturale del Veneto e la loro importanza è stata riconosciuta dall’UNESCO che tra il 1994 e il 1996 ha inserito 24 ville di Andrea Palladio tra il patrimonio dell’umanità. La loro diffusione nel territorio, iniziata nel Quattrocento, ha interessato larga parte della regione contribuendo profondamente alla definizione delle caratteristiche del suo paesaggio. All’inizio del Quattrocento la politica della Serenissima subì un radicale mutamento che la portò nel giro di pochi anni ad estendere i suoi domini all’entroterra, creando un vasto dominio che si estendeva nel Veneto, nel Trentino, nel Friuli e in parte della Lombardia. La nobiltà veneziana acquisì gradatamente vasti possedimenti e investì ingenti capitali nell’agricoltura. Nelle proprietà sorsero delle ville che assunsero la duplice funzione di luogo di piacere e di centro di un’azienda agricola. Nel territorio veneto erano già presenti agli inizi del Quattrocento degli insediamenti nobiliari che presentavano però caratteristiche per certi versi diverse da quelle della villa veneta così come si andarono configurando dalla seconda metà del Cinquecento. Le ville più antiche della nobiltà originaria della terraferma, anche per ragioni di sicurezza, avevano conservato una struttura che rifletteva la loro origine feudale. Le dimore rurali erano generalmente circondate da alte mura e da torrioni che avevano una funzione difensiva dovuta all’insicurezza del territorio circostante. L’affermazione del dominio della Serenissima, da un lato rese più sicuro il territorio facendo venir meno la necessità di tale isolamento, dall’altro estese al territorio regionale l’uso della villa quale luogo di delizie e di riposo. A tale riguardo, un ruolo centrale fu svolto dalla cerchia degli umanisti che si andavano raccogliendo attorno a Gian Giorgio Trissino e alla sua Accademia di cui fece parte Andrea Palladio. Essi ripresero la concezione classica della villa romana di età imperiale vista come luogo di riposo e di riflessione filosofica per il nobile in cui una funzione fondamentale era svolta dal contatto con la natura e con il paesaggio naturale o coltivato circostante. La villa veneta così come si andò configurando nel pensiero e nelle opere di Andrea Palladio divenne perciò una struttura fortemente inserita e integrata nel paesaggio. Secondo Palladio un edificio prestigioso doveva essere ben visibile dalla campagna, ma, al contempo, doveva garantire una buona visibilità del paesaggio circostante sia per ragioni economiche che estetiche. La villa comunque mantenne sempre uno strettissimo legame con l’agricoltura e fu spesso il centro di un’azienda agricola come testimoniato dalla sua struttura architettonica. Al corpo padronale centrale si affiancarono sempre strutture produttive quali le ampie barchesse che servivano per il deposito dei mezzi e dei prodotti e le torri colombare.
Le ville si diffusero capillarmente in tutto il Veneto favorendo lo sviluppo dell’agricoltura e la creazione di un nuovo assetto paesaggistico. Furono avviate ingenti opere irrigue e di bonifica di cui spesso la villa fu il vero e proprio motore. Perciò raramente esse si connaturarono come un fenomeno avulso dal contesto sociale ed economico della terraferma veneta. Al contrario, esse contribuirono a plasmarne l’economia e la società. Le ville censite dall’Istituto Regionale delle Ville Venete (IRVV) costituiscono un insieme quanto mai variegato ed eterogeneo di fabbricati che presentano una notevolissima variabilità per quanto riguarda i caratteri e la qualità architettonica e, non meno importante, lo stato di conservazione. Eppure, nel loro insieme rappresentano una testimonianza unica nel panorama nazionale e internazionale, di un processo di radicamento di una civiltà urbana (la Repubblica di Venezia) in un territorio rurale. Processo che ha finito per favorire la nascita di un assetto paesaggistico assolutamente unico. Come notava Giuseppe Mazzotti “Le ville venete non sono ambiente nel paesaggio, ma sono parte di esso, quasi come forme naturali del luogo in cui sorgono”. A quest’importante intuizione del curatore del primo catalogo delle ville venete pubblicato nel lontano 1954, non è però corrisposto un particolare impegno nell’analisi delle caratteristiche del paesaggio delle ville e della sua valorizzazione e tutela. Salvo alcune importanti eccezioni, solo pochi studi hanno affrontato il tema della villa veneta in un’ottica territoriale e paesaggistica, tanto che attualmente non si dispone di indagini volte a comprendere la relazione che ancor oggi si instaura tra le ville ed il territorio circostante. Quali sono le caratteristiche del paesaggio in cui al giorno d’oggi s’inseriscono le ville venete? Quanto è rimasto del paesaggio originale? E ancora, l’azione di tutela intrapresa oramai da lunghissimo tempo, che fa si che adesso circa il 48% di esse sia tutelato da qualche normativa nazionale o regionale, è stata sufficiente a favorire la conservazione non solo della villa ma anche del suo paesaggio?
L’analisi delle trasformazioni territoriali intervenute nei pressi delle ville pone in evidenza che fino ad epoche abbastanza recenti pochissima attenzione è stata posta alla necessità di tutelare oltre alle ville anche il legame funzionale e visivo che le legava al paesaggio circostante. La dispersione insediativa che ha interessato la regione a partire dagli anni Sessanta del Novecento ha finito per coinvolgere in modo più o meno intenso tutte le aree rurali della parte centrale del Veneto e quindi parzialmente anche quelle ville che originariamente sorgevano isolate nella campagna. Il degrado paesaggistico causato dalla dispersione e frammentazione insediativa, che fa sì che in circa due terzi delle ville il paesaggio originario si possa considerare oramai perduto. Sarebbe perciò stato causato prevalentemente dall’assenza di politiche territoriali capaci di favorire la conservazione di quello che era uno dei principali lasciti culturali della Serenissima.