Un errore di prospettiva ha alterato per decenni la nostra visione della qualità degli alimenti: abbiamo ritenuto che la definizione della qualità in termini di caratteristiche sensoriali o di tradizione o di naturalità o di valori salutistici fosse compito e missione dei produttori.
Errore grossolano: la qualità è definibile come “fitness for use” e pertanto
che cosa è la qualità lo deve dire non chi produce un bene, ma chi lo usa.
Quanti marchi, quanti disciplinari nell’ottica sbagliata, quante inutili certificazioni di conformità!
A questo primo errore se ne è aggiunto un secondo e cioè l’idea che la politica di valorizzazione dei prodotti alimentari fosse un compito anch’essa dei produttori mentre invece essa è evidentemente nelle mani della distribuzione e, in misura straordinariamente penetrante, degli chef e dei ristoratori. Se un prodotto per quanto buono non rappresenta una fonte di profitto per chi lo commercializza o per chi lo serve al ristorante non c’è alcuna possibilità che possa diventare fonte di profitto per chi lo produce. Quante campagne promozionali mal indirizzate, quante inutili sagre di paese, quanti soldi sprecati!
Le politiche e le strategie di valorizzazione dei prodotti alimentari italiani dovrebbero essere “resettate”; reset si traduce come: “pulire tutto e tornare indietro iniziando daccapo!”.
Abstract della lettura “La matrice qualità-prossimità: un nuovo modo di concepire la garanzia e la certificazione dei prodotti alimentari”, che l’accademico Prof. Claudio peri svolgerà all’Accademia dei Georgofili giovedì 16 febbraio 2012 alle ore 17.
(foto:liboriobutera.com)