Oggi Paquito Forster, generazione 1967, ha ripreso una straordinaria tradizione. Ogni suo lavoro è frutto di ricerche sul territorio, negli archivi dei privati e delle realtà locali con un'idea precisa che si colloca particolarmente in una linea tipica della grande tradizione settecentesca, ma che ne risulta lo sviluppo contemporaneo.
Il paesaggio è il protagonista ed è visto attraverso la sua storia e il suo attuale sviluppo come soggetto in continua evoluzione per l'intervento dell'uomo e per azione della natura stessa.
Nel recuperare questa tradizione, Forster compie un atto puramente estetico e quasi totalmente svincolato dalle esigenze pratiche per cui il genere è sorto.
La quasi totalità dei lavori nasce da una committenza precisa, legata fondamentalmente all'economia vinicola e, se il cabreo per qualcuno o, almeno parzialmente per tutti, ha ancora la funzione di tenere sott'occhio dal proprio ufficio la vigna e i terreni, si tratta di una scelta fondamentalmente estetica, dato che ormai la tecnologia può aiutarci in qualsiasi modo nella rappresentazione del territorio.
Il gesto dell'artista che distende una grande carta sul tavolo e comincia a delineare col disegno e col colore ha qualcosa di intimamente umano, ha in sé la stessa gioia, la stessa profonda attenzione e passione del mondo che rappresenta.
Nel percorso espositivo all'Accademia dei Georgofili si possono trovare cabrei antichi accanto al loro più contemporaneo sviluppo: i lavori di Paquito Forster, grande erede del genere.