Il Professore
Amedeo Alpi (Presidente della Sezione Centro-Ovest dell’Accademia dei Georgofili) dopo aver salutato tutti i partecipanti e ringraziato gli enti patrocinatori e i relatori intervenuti, ha evidenziato lo stato critico in cui versano le pinete litoranee italiane, che si trovano a fronteggiare gravissimi fenomeni di erosione della linea di costa, gravi infestazioni di insetti dannosi e i danni dovuti agli incendi. La perdita di questi agroecosistemi forestali sarebbe inaccettabile, in quanto le pinete rappresentano un bene ambientale e naturalistico che caratterizza da sempre, in modo inconfondibile il paesaggio toscano a livello estetico e emozionale.
L’assessore
Fausto Turbanti del Comune di Grosseto ha dapprima portato i saluti dell’amministrazione e del Sindaco, accennando poi a un prossimo progetto regionale che avrà le finalità di studiare un piano di prevenzione incendi per le pinete, in cui oltre all’effettuazione dei rilievi tecnici, sarà prevista anche la realizzazione di interventi idonei e opportuni corsi di formazione. L’assessore ha infine concluso il suo intervento, evidenziando la necessità di un piano di assestamento forestale volto a far diventare nuovamente la pineta una risorsa e non un costo.
Il Presidente della Pro loco di Marina di Grosseto,
Maurizio Biancotti, nel suo breve intervento ha ribadito la necessità di studi ricerche e interventi che possano fornire strumenti risolutivi alle recenti criticità delle pinete litoranee della Toscana.
Le pinete toscane, un profilo geostorico (Prof. Leonardo Rombai Università di Firenze)Tra le ricerche più complete che analizzano l’origine, la diffusione e la storia delle pinete litoranee Toscane è possibile annoverare il lavoro di Antonio Gabrielli del 1993 “Origine delle pinete litoranee in Toscana”. Il Pinus pinaster Aiton è unanimemente considerato autoctono del bacino del mediterraneo, l’indigenato del Pinus pinea L. in Italia e in Toscana appare più incerto. Sembra che già in epoca romana le pinete fossero sfruttate per la produzione di legname utilizzato negli arsenali e nell’attività edilizia. Gabrielli (1993) individua nello statuto della Dogana dei Paschi di Siena, redatto nel 1419, la più antica testimonianza della presenza di pinete in Toscana, che si trovavano nel tratto di costa compreso fra Pian d’Alma e Orbetello. La località della Toscana per cui si hanno più antiche testimonianze storiche della presenza di una pineta da pinoli è Castiglione della Pescaia. Nel periodo compreso tra la metà del XVII e quella del XIX secolo, la diffusione delle pinete ha seguito il ritmo delle bonifiche idrauliche delle pianure costiere. Infatti, una volta terminati i lavori di prosciugamento, i pini venivano seminati lungo le dune litoranee affinché la pineta le consolidasse e costituisse allo stesso tempo una fascia di protezione dai venti marini per le colture agricole retrostanti. Fino ai primi anni del secolo scorso si è verificato un aumento delle superfici delle pinete litoranee, dovuto sia a ulteriori impianti su dune, ma anche all’ampliamento di queste coltivazioni forestali a scapito di boschi planiziali di latifoglie che si trovavano nelle aree adiacenti. Questo ampliamento delle pinete litoranee verso l’interno è stato particolarmente significativo nell’areale costiero Pisano in quanto questo è interessato da un sistema di antichi cordoni dunali che si spingono per quasi 5 km verso l’interno, determinando una alternanza di “tomboli” e depressioni umide in cui non può essere svolta l’attività agricola. Nella metà del XVIII secolo il legname e pinoli delle pinete maremmane erano molto apprezzati e venivano esportate fino a Roma. L’origine e la storia delle pinete litoranee Toscane è stata ricostruita avvalendosi di documenti a carattere burocratico amministrativo, descrizioni e cartografie conservate negli archivi storici
Il Pino domestico un albero multifunzionale (Prof. Giacomo Lorenzini Università di Pisa)La distribuzione mediterranea del pino domestico (
Pinus pinea L.) è maggiormente concentrata nella penisola iberica, nelle aree costiere della Francia e dell’Italia con presenze sporadiche nelle zone più interne. Il pino è caratterizzato da esigenze ecologiche modeste e gli impianti sono prevalentemente caratterizzati da un modello selvicolturale a fustaia specializzata coetanea con particelle avvicendate a taglio raso e rinnovazione artificiale. Il pino domestico, insieme al castagno rappresenta un anello di congiunzione tra selvicoltura e produzione di alberi da frutto. Il pinolo è unanimemente considerato un prodotto “biologico” per eccellenza. Gli impianti di pino hanno da sempre fornito beni (legnami e pinoli) e servizi (protezione delle colture agricole retrostanti); tuttavia le pinete hanno anche altre molteplici valenze: ambientale/ecologica, igienico/sanitaria, storico/colturale, paesaggistica/turistica, il tutto nell’ottica dei “servizi ecosistemici”.
I pini e le pinete rappresentano una “firma” del nostro territorio e della nostra cultura, i pini sono entrati a far parte dell’iconografia dell’arte pittorica Toscana: si pensi ad esempio al movimento artistico dei Macchiaioli. Lo strobilo (pina) completa la maturazione in tre anni. Una pineta domestica origina diverse tipologie di prodotti, i pinoli (mandorle utilizzati nell’industria alimentare e i gusci utilizzati per la produzione di energia attraverso la combustione), il legname (impiegato nell’industria cantieristica e nell’edilizia, per la produzione di cellulosa, per biomassa da combustione), gli strobili esausti (apprezzati a scopo ornamentale, ma anche per la produzione di energia, le squame come pacciamatura). Un pino domestico raggiunge la sua massima produzione in strobili intorno agli 80 anni; tuttavia recentemente le produzioni hanno subito una drastica riduzione fino ad azzerarsi. Ciò e dovuto a diverse cause quali: stress biotici (organismi nocivi) e abiotici, crescente antropizzazione, erosione costiera, internazionalizzazione dei mercati, abbandono delle pratiche selvicolturali, invecchiamento degli impianti, incendi. Tutti questi fattori hanno provocato un’instabilità strutturale ed ecologica delle pinete compromettendo un'intera economia legata a questi agrosistemi forestali. Qualora in futuro le rese in mandorla delle pinete tornassero a livelli accettabili sarebbe possibile valorizzare il prodotto, creando specifici marchi di qualità, caratterizzando i pinoli a livello biochimico e nutraceutico, allestendo campagne divulgative e percorsi gastronomici.
Le pinete litoranee ieri, oggi…e domani? (Prof. Luigi Portoghesi Università della Tuscia)Le pinete di pino domestico si trovano prevalentemente sulle zone litoranee e spesso confinano con aree altamente antropizzate. Le pinete sono un ecosistema artificiale, creato dall’uomo con le finalità di valorizzare terreni palustri, di creare fasce protettive per le colture agrarie dell’entroterra. Le pinete di Castelfusano (RM) rappresentano un’estesa area boschiva di grande valore ambientale, sociale e culturale. Queste pinete sono espressione della collaborazione/interazione tra l’iniziativa dell’uomo e l’opera della natura, che si esplica tramite le dinamiche proprie dei popolamenti forestali legati ai fenomeni di competizione e di successione ecologica. Parte di questa pineta è stata impiantata secondo il metodo “Pavari”, che prevede il dicioccamento di larghe fasce parallele al mare e la semina diretta dei pinoli. Tra una fascia e l’altra sono state lasciate cortine della preesistente macchia mediterranea a scopo di protezione dei giovani pini dal vento e destinate a costituire lo strato inferiore dei nuovi popolamenti. I recenti problemi che hanno colpito le pinete di tipo domestico hanno portato all’abbandono silvicolturale di questi impianti, che ha provocato una continuità tra le essenze spontanee del sottobosco e la necromassa dei pini. Questo rappresenta un fattore di rischio gravissimo in caso di incendi, in quanto le fiamme possono propagarsi con facilità dal sottobosco alla chioma. Il rinnovamento naturale delle pinete può avvenire solo se viene effettuata una corretta gestione della vegetazione spontanea arbustiva del sottobosco. Le pinete possono rappresentare le strutture portanti delle infrastrutture verdi, che tuttavia vanno adeguatamente gestite e la cui fruizione deve essere regolamentata attraverso la creazione di “greenway” da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo.
Insetti dannosi alle pinete (Dott. Giuseppino Sabbatini CREA Roma)Gli insetti fitofagi possono essere classificati in base a come si svolge l’attività trofica a carico dei tessuti della pianta: fitomizi, insetti che dotati di apparato boccale pungente e succhiante si nutrono delle sostanze floematiche; defogliatori, insetti con apparato boccale in grado di masticare aghi e giovani getti dei pini; xilofagi, insetti che si nutrono dei tessuti legnosi; spermo-carpofagi, insetti che si nutrono a carico dei tessuti dei semi o dei frutti. Tra gli insetti che arrecano danni non gravi alle pinete possiamo annoverare:
Haematoloma dorsatum G. (cercopide del pino);
Leucaspis spp. (cocciniglie);
Thaumetopoea pityocampa (Den. & Schiff.) (processionaria);
Dioryctria spp.
I due insetti a oggi più dannosi per le pinete sono
Tomicus destruens Woll. (blastofago del pino) e
Matsucoccus feytaudi Duc (Cocciniglia corticicola).
Il
Tomicus destruens Woll è un coleottero scolitide che può attaccare sia il pino domestico che quello marittimo. Questo insetto sverna sotto forma di adulto. In primavera gli adulti giungono sulla corteccia di tronchi o di grosse branche di alberi indeboliti e vi penetrano praticando un foro d’entrata in corrispondenza del quale viene scavato un vestibolo, in cui di norma avviene l’accoppiamento. L’ingresso dell’insetto è rilevato da un foro circolare e dall’emissione di rosura e da un cercine di resina. Dopo l’accoppiamento la femmina scava nel floema la galleria materna lunga una decina di centimetri, ai cui lati depone un centinaio di uova. Le larve da esse schiuse si nutrono dei tessuti corticali per circa 8 settimane scavando a loro volta una galleria di lunghezza variabile tra i 10 e i 15 cm, perpendicolare a quella materna. I cunicoli larvali hanno lume crescente, sono progressivamente divergenti e ingombri di rosura. Raggiunta la maturità, le larve scavano una camera pupale nella quale avviene la metamorfosi. I neo-adulti trascorrono un periodo di alimentazione necessario per la maturazione delle gonadi, a tal fine in giugno si spostano dalle cortecce nelle quali si sono formati verso piante vigorose appartenenti alla stessa specie ospite, dove si nutrono a spese del midollo dei germogli dell’anno, scavando gallerie di alimentazione atte a consentire la maturazione sessuale, qui vi restano fino a fine estate per poi spostarsi nella lettiera dove trascorreranno l’inverno.
Matsucoccus feytaudi Duc. è un rincote omottero Lo sviluppo ontogenetico richiede un anno di tempo. Le uova, 200-250 per femmina, sono riunite in candide ovature cerose e si ritrovano a cominciare dalla seconda decade di gennaio a fine maggio. A partire dall’inizio di febbraio, o poco prima, iniziano a schiudere le neanidi che dopo due, tre, o anche cinque giorni di motilità, durante i quali possono farsi trasportare dal vento, si insinuano nelle screpolature corticali per nutrirsi a livello del felloderma. Tra la metà di settembre e quella di ottobre avviene il passaggio allo stadio successivo: le neanidi statiche della linea femminile sono tozze, di forma lenticolare, di colore violaceo; quelli della linea maschile danno individui più stretti e allungati. Le prime, a partire dalla metà di gennaio, si trasformano in femmine, i secondi, in dicembre, daranno uno stadio di “preninfa” mobile (2,5 mm di lunghezza), che diventerà ninfa fissa, imbozzolata in una secrezione cerosa, completata la metamorfosi, si ha lo sfarfallamento del maschio. Sia le infestazioni di blastofago che di cocciniglia corticola provocano la morte dei pini in pochi anni. Attualmente non ci sono efficaci mezzi di lotta se non l’abbattimento delle piante colpite e la creazione di soprassuolo non omogeneo che possa contribuire alla formazione di un ecosistema stabile
Rischio incendi nelle pinete (Dott. Sandro Pieroni, Dott. Gianluca Calvani, Regione Toscana)Nel 2017 la Toscana si è classificata al quarto posto per quanto riguarda la superficie boschiva percorsa da incendi, con una media di 2,5 ha per ogni evento. Questo dato riflette la buona organizzazione in termini di prevenzione e lotta agli incendi boschivi. Tuttavia anche in presenza di una buona organizzazione in alcuni casi la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi risulta essere davvero problematica. L’estate del 2017 è stata caratterizzata da un clima molto secco con forti ondate di calore. La gravità di un incendio dipende non solo dalle condizioni meteorologiche, ma anche da altri fattori ambientali, tra i più importanti dei quali è il modello di combustibile. La presenza di necromassa sottile nel sottobosco delle pinete favorisce il passaggio da incendio radente a incendio di chioma, se le chiome sono contigue l’incendio di chioma diventa incendio di barriera. Per l’incendio boschivo avvenuto il 4 luglio 2017 in ocalità Poggio Staffo (GR) è stata misurata una velocità di avanzamento della testa pari a 20 m/min. L’incendio boschivo del 16 luglio 2017 a Marina di Grosseto ha sviluppato un’intensità pari a 10000 kW/m. In presenza di eventi così estremi l’incendio deve essere contenuto, solo quando si potrà sfruttare il momento più opportuno si potrà procedere alla sua estinzione. Per quanto riguarda la prevenzione si può intervenire solo sulla componente del combustibile vegetale. Uno specifico progetto di prevenzione degli incendi boschivi sarà realizzato per le pinete di Castiglione della Pescaia e Punta Ala (GR). Saranno realizzati specifici piani di prevenzione solo nei punti strategici, dove gli incendi sono più ricorrenti e più gravi. I dati relativi, al regime degli incendi, alle caratteristiche del territorio, al materiale combustibile, saranno inseriti in un modello matematico in grado di valutare l’espansione dell’incendio. Gli investimenti e gli interventi per la prevenzione degli incendi boschivi devono essere mirati su quelle pinete caratterizzate da elevato potenziale pirologico, in modo da ridurre sia il rischio che la gravità di un eventuale incendio. La prevenzione degli incendi boschivi si avvarrà anche di azioni partecipate volte all’organizzazione di corsi di formazione e alla stesura di piani strategici con la finalità ultima di creare delle vere e proprie “Firewise communities”
La pineta dopo l’incendio: che fare? (Dott. Benvenuto Spargi, Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali di Grosseto)Dopo un incendio è necessario valutare i danni subiti dalla vegetazione, in linea di massima il pino domestico è abbastanza resistente agli incendi, tuttavia, quando l’intensità di questi raggiunge valori pari a 10000 kW/m il tasso di sopravvivenza è pari a zero. Il pino marittimo sembra essere più suscettibile e dopo un incendio, la sua mortalità è pressoché totale. Tuttavia questa specie ha una elevata capacità di ricolonizzare le zone percorse da un incendio, quindi in questi casi non è necessario provvedere al rimboschimento, ma sarà necessario rimuovere il materiale bruciato ed effettuare il taglio di sgombero. Un incendio difficilmente può risultare mortale per le essenze latifoglie che caratterizzano la macchia mediterranea, in quanto queste riescono a rivegetare tramite ricacci e polloni. Una moderna gestione del ripristino di una pineta dopo un incendio deve essere strettamente correlata agli obiettivi gestionali del soprassuolo: pineta monoplana per produzione di pinoli; pineta irregolare con finalità produttive e naturalistiche; bosco a evoluzione naturale. Tuttavia gli obiettivi gestionali del soprassuolo non possono ignorare due importanti vincoli: risorse economiche; principi di prevenzione del servizio anti incendio boschivo.
Pinete litoranee, tra cambiamenti climatici e insetti alieni, l’esperienza del Comune di Cervia (Dott. Emilio Tricoli Comune di Cervia)La pineta litoranea di Pinarella nel comune di Cervia si estende per una superficie pari a 23 ha è stata piantumata negli anni 40 del secolo scorso ed è composta da pino marittimo e da pino domestico. Fenomeni di salinizzazione della falda e di subsidenza, ne mettono a rischio la sopravvivenza. Altri fattori critici sono l’eccessiva antropizzazione e l’aerosol marino; inoltre i diradamenti effettuati troppo tardivamente hanno portato alla “filatura” degli alberi. Negli anni 90 sono state segnalate le prime cadute di alberi. Infatti, gli allagamenti che si verificano durante periodi di forti precipitazioni determinano il raggiungimento del limite liquido da parte del terreno e la conseguente caduta di numerosi esemplari a causa del fatto che le radici dei pini molto superficiali non sono in grado di sostenerli se sottoposti all’azione del vento. Un piano di riqualificazione ha previsto un accurato studio idrogeologico e la creazione di fasce di vegetazione dunale e costiera a protezione dei pini più interni. Nel 2010, prima del rimboschimento con latifoglie, è stata riportata sabbia nelle zone più soggette ad allagamenti e è stato realizzato un impianto di drenaggio dotato di pompe automatiche.
Nel 2015 a Milano Marittima c’è stata la prima segnalazione in Italia di una infestazione di Crisicoccus pini Kuw. (“cocciniglia cotonosa del pino”) un insetto originario del Giappone. Per contenere la diffusione di questo temibile fitomizo sono stati abbattuti 500 alberi con una altezza superiore ai 12 m. Poi successivamente e stato condotto uno studio sul ciclo biologico di questa cocciniglia in modo da poter calibrare le strategie di difesa integrata e biologica. La lotta biologica è stata effettuata con il coleottero coccinellide Cryptolaemus montrouzieri Mul. adottando il metodo inoculativo. Alcuni esemplari sono stati sottoposti a trattamenti endoterapici con abamectina. Gli alberi abbattuti sono comunque stati sostituiti con altre essenze.
Grosseto e le sue pinete, per un progetto di salvaguardia e valorizzazione (Prof. Gianluca Brunori, Università di Pisa)Il ruolo del capitale sociale nella prevenzione e nella preparazione agli incendi boschivi si esplica attraverso organizzazioni specializzate e organizzazioni di volontari, l’uso delle tecnologie, la redazione e l’adozione di prescrizioni e divieti, l’uso di strumenti informazione e comunicazione. Questi sistemi funzionano e determinano una tendenza alla diminuzione degli incendi boschivi. Tuttavia i recenti cambiamenti climatici e la cattiva gestione dei boschi non ci pone in una situazione di totale tranquillità. Gli interventi diretti per il controllo di incendi boschivi sono costosi e mettono a repentaglio la vita degli operatori, per cui il ruolo della prevenzione assume un’importanza fondamentale. All’interno di un sistema socio-ecologico i boschi che forniscono i servizi dell’ecosistema sono in equilibrio con il sistema sociale che provvede alla loro manutenzione. Quando questo equilibrio si interrompe il bosco diventa vulnerabile alle cause di incendio. La connessione con il luogo e con le persone crea il senso di appartenenza di una comunità che si manifesta nella consapevolezza del valore del luogo, nella conoscenza dei rischi e degli strumenti di difesa, nella condivisione delle ansie e delle informazioni, nella cooperazione, nel sostegno reciproco, nella fiducia e nell’accettazione delle regole. E’ necessario fare leva sulla componente sociale in modo da creare una conoscenza diffusa, delle norme sociali, una cooperazione che preveda la distribuzione dei ruoli. Le moderne tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni (ad esempio, le app per smartphone) possono contribuire alla prevenzione degli incendi boschivi, generando tramite segnalazioni di rischio di incendio da parte dei cittadini, mappe di rischio partecipate che saranno utilizzate poi da utenti esperti.
MOZIONE (pdf)
Per sottoscrivere la mozione inviare una e-mail a: prolocomarinaprincipina@gmail.com
SOTTOSCRITTORI MOZIONE PINETE LITORANEE AL 21 marzo 2018 (pdf)