In sintesi è stato evidenziato che gli scenari climatici per il futuro confermano l’accentuarsi dei cambiamenti della variabilità delle precipitazioni con l’alternarsi di stagioni piovose e stagioni secche. Inoltre, aumenta ancora l’aggressività delle piogge che tendono ad intensificarsi e a distribuirsi in un numero minore di giorni, le cosiddette bombe d’acqua.
L’impatto delle forti precipitazioni sui terreni lavorati provoca l’immediata rottura degli aggregati superficiali le cui particelle disperse formano una superficie sigillante per cui l’acqua si perde pressoché totalmente per scorrimento superficiale; nei terreni inerbiti e forestali la capacità di infiltrazione consente di immagazzinare una parte delle precipitazioni, ma anche in questo caso la gran parte dell’acqua si perde per scorrimento superficiale. Da un punto di vista agronomico questo vuol dire che la pioggia è meno efficace per le colture. L’efficacia della pioggia si misura in termini di acqua immagazzinata nel profilo del suolo. L’acqua di pioggia che non si infiltra nel suolo, come detto, si perde in massima parte per ruscellamento superficiale ma anche quella che si infiltra non viene trattenuta a causa del forte depauperamento di sostanza organica che, oltre ad agire da cementante per le particelle del terreno, ha una forte capacità di trattenere l’acqua. Oltre alla intensità di pioggia e alle caratteristiche del terreno, le pratiche agronomiche modulano il bilancio idrico e quindi la partizione dell’acqua di drenaggio e ruscellamento. Le principali proprietà fisico-idrologiche del suolo che vengono modificate dalle agro-tecniche sono: spessore e alternanza di strati, struttura e porosità, conducibilità idraulica, scabrezza superficiale.
Alla luce di questi impatti devastanti che portano ad azzerare o compromettere le produzioni con danni pesantissimi per l’agricoltura è stata evidenziata con forza la necessità immediata di un piano quadro nazionale finalizzato, sia a recuperare e accumulare l’acqua piovana attraverso la creazione di serbatoi e vasche di espansione e laminazione delle piene, sia a incrementare la capacità di invaso con la realizzazione di piccoli e medi bacini di raccolta, attraverso il censimento e la ricognizione dei numerosi piccoli e medi invasi attualmente esistenti. Questa sarà la strategia dei Consorzi di Bonifica. E’ stato anche evidenziato che occorre distribuire meglio l’acqua, ammodernando, razionalizzando e rendendo le reti e gli impianti di irrigazione collettiva più efficienti, attraverso la manutenzione straordinaria e l’adozione di dispositivi per il controllo dei consumi.
Occorre quindi ripensare quelle strategie degli anni ’60 e’70 quando furono realizzati in Italia migliaia di piccoli invasi collinari, con lo scopo di distribuire sul territorio una notevole riserva idrica a vantaggio dell’agricoltura, grazie ad una lungimirante politica agricola che offriva finanziamenti importanti. Il prepotente ritorno all’attualità di questo argomento impone innanzitutto di soffermarsi sui requisiti che il territorio, e più in generale l’ambiente, devono presentare per poter accogliere nuove strutture di questo tipo. In ogni caso una grande attenzione deve oggi essere posta ad una corretta gestione e manutenzione delle opere esistenti, per far sì che esse non rappresentino un pericolo per la collettività, ma una risorsa particolarmente importante per il nostro territorio.
E’ stato anche rilevato che oggi, a differenza degli anni ’60-70, grazie alle innovazioni tecnologiche la gestione di un invaso o serbatoio aziendale può essere automatizzata ed il suo stato controllato in modo semplice ed efficace. Le tecnologie offrono un panorama di soluzioni mature ed affidabili integrabili sia nei nuovi invasi che nei laghetti collinari esistenti il cui recupero è un obiettivo importante per aumentare la resilienza dei sistemi produttivi agricoli ai cambiamenti in atto.