Il 1 febbraio scorso si è svolto all’Accademia dei Georgofili un seminario dedicato ai cambiamenti climatici e gli scenari di rischio. Uno dei relatori è stato il ricercatore CNR Antonello Pasini, il quale ha intitolato il suo interessante intervento “Effetto serra, effetto guerra”, come il libro da lui recentemente pubblicato (ed. Chiarelettere), scritto a quattro mani con Grammenos Mastrojeni, diplomatico del Ministero degli Esteri, esperto di conflitti e migrazioni.In
“Effetto serra, effetto guerra” si parla delle conseguenze conflittuali e migratorie dell'innalzamento del livello del mare, della fusione dei ghiacciai con conseguente scarsità delle risorse idriche, della siccità e della desertificazione, della maggiore virulenza delle piogge, ecc.: tutto ciò in varie parti del mondo. Man mano che si procede, tuttavia, l'analisi si fa via via più vicina a noi, perché i bubboni di instabilità sembrano convergere in centri concentrici sul Mediterraneo, dove è proprio l'Italia che rappresenta il ponte naturale con l'Europa per tanti disperati. Ma cosa c'entra il clima con i conflitti, le migrazioni e magari il terrorismo?
Il mondo (il
sistema Terra, direbbe uno scienziato) è interconnesso, molto complesso e con dinamiche globali. Tuttavia, ci sono problemi che appaiono a sé stanti e ben delineati. Uno di questi sembra essere quello del riscaldamento globale. Sappiamo a che cosa è dovuto e sappiamo quali sono i possibili rimedi: conversione ad una economia decarbonizzata, utilizzo di energie rinnovabili, risparmio energetico, riciclo, ecc. Come noto, il riscaldamento globale recente è stato creato principalmente dalle emissioni di gas serra dei paesi industrializzati e ora vi contribuiscono i giganti asiatici, dunque gli altri sembrano entrarci poco. Ma è veramente possibile risolvere il problema dei cambiamenti climatici senza risolvere i tanti squilibri economici e sociali che ci sono nel nostro mondo, e che appaiono essere le cause principali di guerre e migrazioni?
Quando trattiamo di conflitti e migrazioni forzate, l'analisi geopolitica ci parla certamente di visioni politiche diverse e talvolta di scontri di civiltà, ma oggi sempre più si capisce come tutto ciò possa nascere da condizioni di disagio e difficoltà, per esempio alimentare, entro la quale anche il terrorismo trova terreno fertile. Ci sono molti esempi di conflitti o di migrazioni nate da perdite di raccolti.
Insomma, è molto probabile che problemi all'apparenza così distanti, come quello dei cambiamenti climatici e delle migrazioni, abbiano in realtà più legami di quanto non si possa pensare. E quindi, le soluzioni di un problema possono rappresentare anche soluzioni per l'altro problema. Si possono scoprire strategie doppiamente vincenti (le cosiddette
win-win strategies) che creano circuiti virtuosi e sinergici di mitigazione climatica, pace, benessere ed equità internazionale, ad esempio con il recupero di terre degradate che possano alimentare la popolazione residente e allo stesso tempo assorbire CO2 dall'atmosfera. Probabilmente ha ragione Papa Francesco quando nella sua Enciclica
Laudato si' dice chiaramente che dobbiamo pensare in maniera sistemica e trans-settoriale, con una visione ecologica integrale che unisca il benessere della natura con quello dell'umanità.
Foto: Antonello Pasini intervistato durante l’incontro all’Accademia dei Georgofili.ULTERIORI INFORMAZIONI SUL SEMINARIO “Cambiamenti climatici e scenari di rischio” (ppt dei relatori, ebook of abstract con la sintesi dei diversi interventi) SUL SITO DEL LAMMA:
http://www.lamma.rete.toscana.it/news/line-le-presentazioni-dellincontro-sui-cambiamenti-climaticisotto: la copertina del libro