Ai più attenti non sarà sfuggito che nella descrizione di tutti i processi che sono alla base della produzione di olio dalle olive si parla genericamente di “spremitura”.
In realtà, i sistemi di molitura esistenti sono sostanzialmente due e, mentre nel primo denominato “sistema tradizionale” si può correttamente utilizzare il termine “spremitura”, nel secondo, denominato “sistema continuo”, si deve usare il termine “estrazione”.
E’ necessario ed opportuno sottolineare che,
indipendentemente dal sistema di molitura utilizzato, è possibile effettuare una sola “spremitura” delle olive.
Qualsiasi olio extravergine è ottenuto pertanto dalla
prima ed unica spremitura delle olive, per il semplice fatto che non esiste una seconda spremitura.
L’olio vergine, ad esempio, non è un olio di seconda spremitura ma un olio di prima spremitura di seconda scelta. Lo stesso dicasi per il lampante, per l’olio di oliva e per l’olio di sansa.
La pratica di spremere le olive per ricavarne olio si chiama
molitura ed esiste da migliaia di anni. Le prime testimonianza risalgono addirittura a circa seimila anni fa e, per quasi tutti questi seimila anni, le olive si sono spremute sempre nello stesso modo.
Il sistema, concettualmente molto elementare, consisteva nello schiacciare le olive, rimestarle per ottenere una pasta omogenea e pressare questa pasta per ricavarne l'olio.
Nella pratica le olive venivano poste in una grande vasca circolare in pietra dura chiamata
“molazza” all’interno della quale ruotavano da due a quattro grandi ruote in granito chiamate “macelli”. Nei corso dei secoli per rendere più efficace il lavoro di questa macina furono introdotti dei “raschiatori” che avevano la funzione di ripulire la molazza ad ogni giro, e dei “servitori” o palette mescolatrici che incanalavano la pasta sotto le macine e la rimestavano continuamente. La pasta di olive così ottenuta veniva posta su dei piatti di paglia, canapa o di altre fibre naturali chiamati “fiscoli” che venivano impilati e posti sotto un torchio per completare la spremitura.
Questo sistema denominato “tradizionale” esiste tutt'oggi con pochissime differenze concettuali rispetto a quello usato secoli fa. La molazza è molto spesso in acciaio invece che in pietra, i fiscoli sono in fibre sintetiche invece che naturali e naturalmente i macchinari sono più potenti, veloci ed efficienti ma nella sostanza il sistema è rimasto lo stesso.
Contrapposto al sistema tradizionale troviamo il cosiddetto
sistema continuo.
Tale sistema, non più vecchio di una cinquantina d’anni, ha profondamente modificato il processo di produzione dell’olio e si compone di più macchinari ognuno con finalità specifiche e definite. Si comincia con la “defoliatrice” e con la “lavatrice” che rispettivamente eliminano le foglie in eccesso e lavano le olive, si passa al “frangitore” (ne esistono di diversi tipi: a martelli, a coltelli, a dischi dentati ed altri ancora) che ha il compito di rompere le olive per poi passarle alla “gramola” che ha la funzione di rimestare le olive ridotte in piccoli pezzi per facilitare l’aggregazione delle micro particelle di olio al fine di renderne meno difficoltosa l’estrazione.
Il macchinario successivo è il “decanter” o estrattore, una potente centrifuga orizzontale, al cui interno viene introdotta la pasta di olive gramolata, che sfruttando la differenza di peso specifico tra i diversi prodotti che la compongono riesce a separare l’olio dall’acqua e dalla sansa. Esistono decanter a due ed a tre fasi, i primi permettono la separazione dell’olio dalla sansa umida i secondi invece separano olio, acqua e sansa asciutta.
L’ultimo passo prevede il passaggio dell’olio da un separatore (o centrifuga verticale) che provvede ad eliminare gli ultimi residui di acqua che il decanter ha lasciato.
Alla sua introduzione, questo sistema aveva bisogno di utilizzare una cospicua quantità di acqua per riuscire a separare le differenti fasi (olio, acqua, sansa), acqua che taluni operatori avevano l’abitudine di riscaldare per facilitare ulteriormente la separazione ed aumentare la resa. Questa pratica malsana associò al sistema continuo il nome di sistema a caldo contrapposto al sistema tradizionale che era chiamato a freddo.
Al giorno d’oggi i decanter, grazie ai progressi della tecnica, riescono a lavorare con un ridottissimo apporto di acqua se non addirittura senza, ed inoltre considerato che è ormai appurato come l’utilizzo di acqua calda durante il processo di molitura impoverisca l’olio extravergine delle sue componenti più nobili (prime tra tutti i polifenoli, i potentissimi antiossidanti naturali), ne consegue che sono in pochi gli operatori che ricorrono a tale errata pratica per ottenere una resa leggermente maggiore.
Il voler identificare il sistema tradizionale come “a freddo” ed sistema continuo come “a caldo” non ha pertanto più alcun fondamento, dal momento che anche il legislatore è intervenuto per chiarire che l’olio ottenuto con entrambi i sistemi può fregiarsi della denominazione “a freddo” purché non sia stata superata la temperatura di 27° durante il processo di molitura.
A tal riguardo è importante sottolineare che
la dicitura “Prima spremitura a freddo” presente in etichetta di alcuni oli extravergini di oliva ed introdotta dal Reg. CE 1019/2002 vuole indicare solo che si tratta di un olio ottenuto con il sistema tradizionale mentre la dicitura “estratto a freddo” indica che il suddetto olio è stato prodotto utilizzando il sistema continuo.