Lo sviluppo industriale ha portato un aumento del benessere e dei consumi in sempre più Paesi, ma anche un maggiore utilizzo di carbone e petrolio per i trasporti, industrie e riscaldamento. Che, unitamente alla deforestazione selvaggia, hanno causato aumento di CO2 nell’atmosfera, l’effetto serra, le alluvioni in alcune zone e siccità e desertificazioni in altre, aggravando la miseria dei paesi più poveri. Gli Stati sviluppati ed emergenti cercano di affrontare queste gravissime questioni con accordi sul controllo delle emissioni di CO2 ma sui loro sforzi grava il pericolo della prevista ulteriore crescita della popolazione. Gli abitanti della Terra hanno raggiunto i 7 miliardi e con l’attuale tasso di natalità di molti Paesi, soprattutto africani, gli 8 miliardi saranno raggiunti tra poco meno di 20 anni. I Paesi più evoluti, da anni, hanno rallentato il ritmo delle nascite: in alcuni, come la Cina, si è perseguito il decremento demografico con iniziative governative; in altri, i più poveri, non si fa niente, provocando l’esodo di popolazioni sempre più numerose ed indigenti verso i paesi più ricchi, che però hanno problemi di sostenibilità ambientale e sociale. I governi occidentali devono premere perché questi Stati, cui vanno aiuti economici internazionali, attuino politiche di controllo delle nascite compatibili con le proprie risorse.
(Opinione del lettore
Claudio Benedettini, pubblicata su
La Nazione di martedì 8 novembre 2011- Foto di Fabrizio Sbrana, per gentile concessione di COSPE)