A Venezia, e ai funzionari che vi operavano per l’Arsenale, si riconosce una capacità tecnica negli interventi selvicolturali quale può venire solo dalla sperimentazione e dall’osservazione scientifica dei processi naturali che presiedono alla crescita delle piante e alla produzione dei sistemi forestali. Certo è che queste capacità acquisite nella pratica colturale può apparire ancor più meritevole di lode se si considera che le foreste comprese nei domini veneziani, e soprattutto i rovereti di pianura, prima d’essere sottoposte alle regole dell’Arsenale avevano conosciuto un lungo periodo di malgoverno e di sfruttamento che imponeva, per il loro recupero e per la successiva conservazione, provvedimenti rapidi, decisi ed efficaci.
Per dare dunque ancor più ragione a quanti esaltano la bontà delle scelte tecniche e delle disposizioni selvicolturali fissate dal governo della Serenissima, è opportuno prospettare un quadro degli importanti cambiamenti storici del paesaggio forestale delle pianure veneta e friulana. Si deve considerare gli effetti delle numerose centuriazioni avvenute fino al terzo secolo, alcune delle quali hanno lasciato tracce profonde ancora oggi leggibili nelle forme del territorio agricolo. Si devono analizzare le dinamiche del paesaggio rurale a seguito dell’abbandono del territorio avvenuto tra il VI e il X secolo e valutare infine gli effetti ambientali e territoriali del rifiorire delle attività rurali, avvenuto con la ripresa economica e sociale avviatasi agli albori del secondo millennio.
Solo così si può porre in evidenza la completezza tecnica delle norme fissate dai Provveditorati veneziani, che nel XV secolo ricevettero il mandato di arginare il rapido degrado delle foreste colpite da ogni forma di sfruttamento, dimostrando d’essere in grado di dominare e di perfezionare via via gli strumenti scientifici e tecnici necessari a saldare il buon governo dei boschi con quello delle acque. Essi garantirono così, per quattrocento anni, la produzione di legname di ottima qualità tecnologica insieme alla stabilità del territorio e alla sicurezza delle popolazioni.
Dei boschi di pianura riservati all’interesse della Repubblica di San Marco restano oggi solo pochi e tristi frammenti, incapaci di trasmettere l’idea di un Veneto ricco di vaste foreste quercine. Pochi anni dopo la caduta della Dominante, degli antichi rovereti si fece infatti ovunque scempio. Solo i toponimi (Bosco di Colzé, in vicinanza di Vicenza, Bosco di Rubano, etc.) restano a testimoniare quattro secoli di studio e di dedizione alla più efficace selvicoltura dei querceti della pianura veneta.
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Cansiglio, il Bosco da Remi di San Marco. Vi si vedono scorci delle faggete dell'antica foresta, che dal XV secolo contribuì in maniera determinante alla costruzione dei remi che servivano alle galee della Serenissima)