“Surfarina”, “Sanguigna” o “Muscaredda”: gialla, rossa o bianca che sia la sua varietà, il fico d’India, simbolo della sicilianità, da sempre ha conquistato il consumatore per quello spiccato gusto esotico e le preziose caratteristiche salutistiche. E non solo il consumatore locale: la Sicilia, infatti, oggi primo produttore a livello europeo di fico d’India, è riuscita a raggiungere degli importanti mercati esteri quali Francia, Inghilterra, Germania, Olanda, Est Europa, Russia, Canada e America del Nord.
“Vi è però una differenziazione delle produzioni dirette al Nord Europa da quelle destinate ai Paesi dell’Est – precisa Carmelo Danzì, presidente del Consorzio del Ficodindia dell’Etna Dop - difatti a quest’ultimi sono riservate le produzioni a prezzi inferiori. Tra i mercati più virtuosi vi sono quelli dell’Olanda e della Germania. I consumatori più abituali sono quelli di origine meridionale o comunque appartenenti al bacino del mediterraneo, le popolazioni nordiche si stanno avvicinando al consumo del frutto ma devono ancora superare l’ostilità nei confronti della buccia, della presenza di spine, semi”.
Resta il fatto che il mercato del fico d’India è in continua evoluzione. “Questo mercato – spiega sempre Danzì - è riuscito ad evolversi da una dimensione cosiddetta di nicchia ad una di interesse sempre più crescente. Il fico d’India Dop ha dimostrato negli ultimi anni, rispetto agli altri poli produttivi siciliani, una maggiore possibilità di imporre la propria tipicità e il legame con il vulcano che con le caratteristiche minerarie dei terreni di coltivazione, conferiscono alla collettività un prodotto unico e irripetibile”.
Intanto, si sta facendo sempre più strada l’eventuale utilizzo delle pectine, di cui sono particolarmente ricchi i ficodindia, per allungare la vita dei prodotti di IV Gamma (ossia i prodotti ortofrutticoli lavati e confezionati). Attualmente, la durata sui mercati di questi prodotti è di poche ore, ma si è notato che si potrebbe arrivare, con l’ausilio di queste sostanze. sino a 28 giorni di conservazione negli scaffali della grande distribuzione.
Fonte: www.gds.it