“Salute e sicurezza sul lavoro nel comparto zootecnico e caseario” è stato il tema di cui si è discusso alla Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari il 26 novembre scorso, nel convegno promosso dall’Accademia dei Georgofili, dal Dipartimento di Ingegneria del Territorio dell’Università di Sassari e dall’ASL di Sassari.
Secondo i dati ufficiali dell’INAIL contenuti nel rapporto annuale sull’andamento infortunistico dell’anno passato, nel 2010 si sono verificati 50.121 infortuni, mentre nel 2009 se ne erano registrati 52.665, con una riduzione significativa del 4,8%. Questa tendenza viene confermata dai primi dati del 2011 rispetto al 2010. Il trend positivo, del resto, è stato una costante nel corso degli ultimi 10 anni, in quanto nel 2000 gli infortuni registrati in agricoltura erano ben 81.121.
Se è quindi vero che i dati sull’andamento degli infortuni in agricoltura attestano un costante miglioramento del livello di sicurezza, è altrettanto vero che molto resta ancora da fare sia per l’attività agricola di campagna, sia per quella nelle aziende di trasformazione.
In primo luogo si tratta di dare piena attenzione all’azione di prevenzione prevista dal Piano Nazionale Agricoltura e di rendere operative le misure che premiano le aziende agricole più sicure, con uno sgravio sui contributi antinfortunistici previsti dalla legge 247/2007.
Discorso a parte meritano le malattie professionali in agricoltura, per le quali il trend non è al ribasso e a cui non sempre viene data la giusta attenzione. Nel convegno a Sassari, l’accento è stato posto sul rischio biomeccanico a cui sono soggetti gli operatori costretti ad eseguire con frequenza certi movimenti che richiedono forza e che comportano l’assunzione di posture non corrette. In particolare si è parlato della sindrome del tunnel carpale, una malattia che si verifica quando il nervo mediano della mano viene compresso nel passaggio attraverso il canale del polso, altrimenti detto tunnel carpale.
I lavoratori a rischio sono quelli che eseguono lavori manuali faticosi, quali quello della mungitura manuale. Uno studio sulla mungitura degli ovini condotto dall’ASL di Sassari, basato su visite mediche e test elettromiografici eseguiti solo sui soggetti che accusavano sintomi, ha portato a diagnosticare la malattia nel 73% dei mungitori manuali contro il 60% riscontrati in quelli che eseguivano la mungitura meccanica. Più in particolare, è emerso che il 95% dei mungitori manuali accusava sintomi contro il 54% degli altri mungitori. Tale differenza è particolarmente significativa perchè tra gli operatori che eseguivano la mungitura meccanica erano compresi anche quelli che in precedenza mungevano a mano. Escludendo questi, il rischio per la mungitura manuale è risultato quattro volte superiore a quello dalla mungitura meccanica.
Nelle sale di mungitura e nei caseifici vi sono poi rischi dovuti non solo alla organizzazione e ai ritmi di lavoro ma anche alle condizioni ambientali legate a particolari microclimi. Da qui l’importanza di eseguire mappature e valutazioni dei rischi attraverso l’analisi dei compiti lavorativi specifici e alle condizioni in cui vengono svolti al fine di attivare una efficiente azione di prevenzione.