Un articolo a firma Jane Black, pubblicato sul Washington Post del 18 ottobre, racconta l’olio extravergine di oliva. Ma non quello alla portata di tutti, quello che si trova un po’ dappertutto nei supermercati, racconta invece il “beyond extravirgin”, vale a dire quello che è al di là, oltre l’extravergine. Questo termine è stato coniato dall’Associazione Tre-E, nata in seno all’Accademia dei Georgofili, per volontà del Prof. Claudio Peri. Le tre E stanno per Economia, Etica ed Eccellenza e la Tre-E è un’associazione internazionale che in questi ultimi anni ha fatto debuttare la categoria dell’extravergine “super-premium”, conferita finora, dopo una scrupolosissima analisi chimica e sensoriale, soltanto a 21 produttori in tutto il mondo. Per far parte dell’eccellenza, ad esempio, se di norma l’olio extravergine ammette lo 0.8% di acidità, il super-premium certificato dalla TRE-E ne ammette soltanto lo 0.3%. I produttori devono inoltre presentare una documentazione sulla coltivazione, sulla raccolta e la lavorazione ma la conquista dell’etichetta vale per una sola partita d’olio e quindi si può ottenerla un anno ma non quello successivo. Il costo sul mercato del super-premium è ovviamente più elevato, si parla di 30-55 dollari per mezzo litro. Tuttavia l’articolo evidenzia che questa categoria offre particolari opportunità ai piccoli produttori californiani che altrimenti non avrebbero la possibilità di competere sul mercato mondiale con i produttori europei. In USA ha ottenuto la certificazione il Ranch McEvoy, in California, mentre un esempio italiano e il toscanissimo olio di Villa Campestri. Lo scopo della Tre-E è anche quello, importantissimo, di insegnare il gusto ai consumatori: alcune indagini hanno rivelato che la metà del pubblico preferisce olio di bassa qualità perché è incapace di apprezzare l’odore e il gusto del vero extravergine.