Illazioni sulla douglasia verde

L’articolo è tratto dalla relazione svolta durante la giornata di studio: PROGETTO DO.NA.TO. – Douglasiete Naturali Toscane (4 dicembre 2017)

di Giovanni Bernetti
  • 13 December 2017
Pseudotsuga menziesii var. viridis è propria delle montagne che si estendono lungo la costa dell’Oceano Pacifico dal Canada alla California un ambiente nebbioso e spiccatamente oceanico che sembra non avere riscontro in Italia. Eppure l’Italia è il paese in cui, per opera di Aldo Pavari, l’introduzione della specie ha avuto la sperimentazione più lunga nel tempo e più estesa nella superficie.  Valgono a questo proposito l’analisi dettagliata fatta da Orazio Ciancio e i risultati della tavola di produzione di Mario Cantiani.
 Forse è stato per via della nostra sperimentazione, ma il fatto gli è che a partire dagli anni ’60, la Francia, la Germania e l’Inghilterra iniziarono le piantagioni per arrivare a  700.000 ettari ciascuna.   
 In Europa, l’introduzione delle specie arboree esotiche è anche  una conseguenza della povertà della flora arborea indigena. Sandro Pignatti nel fare il confronto col Giappone riporta   esempio le seguenti differenze di numero:  

                            Giappone         Europa
Abeti bianchi            6                    2
Abeti rossi                6                    2
Betulle                     10                   3
Aceri                        28                  6
Querce                     15                  15

 
L’Europa ha perduto molto in termini di biodiversità arborea perché è divisa nel senso dei paralleli da una serie quasi continua di catene montuose che, al tempo delle glaciazioni, hanno reso difficili le migrazioni e provocato l’estinzione di molte specie.
 L’ultima glaciazione (durata dal 98.000 al 12.000 dal presente) è stata tremenda non solo per le basse temperature, quanto perché si svolse con quattro acmi glaciali intercalati da periodi, di 10-14 mila anni ciascuno, sufficienti a imporre alle piante un continuo migrare prima verso i rifugi, poi per il ritorno.  Ma, ovviamente, anche le glaciazioni precedenti hanno avuto il loro effetto.
In particolare nasce il   sospetto che la progressiva falcidie di specie abbia colpito particolarmente le specie con adattamenti al clima di tipo oceanico: clima con temperature livellate, frequenza di nebbie o di cielo nuvoloso. Specie arboree adattate a questo tipo di ambiente oggi si vedono rifugiate nel Caucaso, mentre gran parte della flora europea attuale (con soltanto l’eccezione del faggio) sarebbe composta da specie con adattamenti continentali che si sono accomodate a sopravvivere anche al ritorno del clima si tipo atlantico. C’è infatti una regola che dice che una specie continentale può migrare in ambiente oceanico, ma una specie oceanica non può migrare in ambiente continentale.
Il clima a temperature livellate e cielo spesso coperto, implica, nelle piante, la capacità di fare fotosintesi anche con livelli di temperatura e di illuminazione ridotti. Le sempreverdi (e quindi la maggioranza delle conifere) possono, quindi, prolungare la loro attività anche in parte dell’inverno; bene inteso senza   crescere, ma accumulando riserve preziose per lo sviluppo nell’anno futuro.
Non meraviglia se in Europa, la ricerca di specie forestali a rapido accrescimento e, quindi, capaci di fotosintesi efficiente, si sia orientata anche sull’ambiente a clima spiccatamente oceanico delle coste americane del Pacifico.
 Il sistema di basse montagne che (fra il 55° e il 29° parallelo) costeggia l’oceano fra il Canada la California è detto fascia delle nebbie.  Qui vegeta la Foresta delle Conifere Giganti da noi note come Foreste dell’Oregon. Si tratta di una formazione singolare dove la douglasia verde domina, sia nel senso della grande frequenza che nel senso delle dimensioni. Si accompagna a specie di abete, di picea o di pino capaci di 60-70 m di altezza, mentre le due sequoie e la douglasia verde arrivano anche a 100 metri.  Solo che le due sequoie hanno areali limitati.
Il clima ha temperature medie annue analoghe a quelle della fascia montana dell’Europa. Il carattere oceanico è accentuato dalla frequenza delle nebbie. Tuttavia, in comune con le montagne del Mediterraneo, il regime delle piogge ha il minimo in estate.
Il successo dell’introduzione di una specie, non poggia solo sulla similitudine del clima dipende anche sulla capacità di adattamento della specie.
Il fatto che la douglasia verde nella lunga area delle conifere giganti sia la specie più costante e frequente è di già un chiaro indizio di adattabilità.
Il suo ruolo è quello di una specie pioniera, molto capace di diffondersi in occasione di catastrofi anche a lunghi intervalli, perché è anche una specie molto longeva.
La ricchezza genetica è senza dubbio una garanzia per la sopravvivenza della specie.  Lungo il suo areale [che in termini di latitudine va dalla latitudine della Scozia a quella della Calabria] la douglasia verde si è differenziata in più razze geografiche che hanno offerto una utile possibilità di scelta ai fini dell’introduzione in località diverse dell’Europa.
La differenziazione, geografica, tuttavia, non ha impedito alla douglasia verde di mantenere una consistente variabilità individuale all’interno delle popolazioni.
Le temperature invernali sono il fattore limitante forse di maggiore importanza, perché, come si è detto, tutta la ragione di essere delle conifere giganti dipende sulla capacità di accumulare riserve facendo fotosintesi anche un inverno.
Infine, in termini di ecologia ambientale non è esagerato supporre che un ettaro di douglasieta   catturi 3-4 tonnellate di carbonio all’anno.  Per questa ragione fino dal 1960, la Francia, l’Inghilterra e la Germania hanno fatto le loro piantagioni nel quadro delle politiche dell’abbattimento della CO2 nell’atmosfera.
Dispiace che in Italia non si sia fatto altrettanto.  Certamente 700 mila ettari di piantagione pura di conifere all’interno di una nazione non si fanno di nascosto: estese douglasiete hanno modificato il paesaggio di una regione ricca di storia come l’Alvernia.
In Italia nonostante tutto, l’introduzione della douglasia verde non è rimasta tanto estranea al paesaggio quanto si potrebbe credere. Vicino ad ogni villaggio di montagna la douglasia è immancabile; condiziona il paesaggio con piccoli gruppi lungo le strade, nei ritagli della struttura fondiaria, nei giardini o nelle adiacenze dei luoghi di culto.  Questa diffusione fuori foresta è stata agevolata dalla possibilità di ottenere poche piantine anche gratuite presso i vivai demaniali e dalla meraviglia dei montanari nel vedere un abete che cresce un metro all’anno.  
Si potrebbe concludere che la douglasia verde potrebbe essere vista anche come una specie adatta a piccoli impianti di arboricoltura da legno.