L’olio extravergine di oliva non è altro che una semplice spremuta di un frutto, l’oliva e, come in ogni spremuta, dalla qualità di questo frutto e da come lo si spreme, dipenderà la qualità del prodotto ottenuto.
Al contempo è importante sottolineare che non tutte le spremute di oliva posseggono le caratteristiche per essere classificate come olio extravergine
Le spremute di olive che non possiedono le caratteristiche per essere classificate come extravergine, in base alle caratteristiche chimiche ed all’intensità dei difetti organolettici percepibili al gusto ed all’olfatto, vengono classificate in ordine decrescente di qualità come “olio di oliva vergine” e nei casi peggiori come “olio di oliva lampante”.
Il “vergine”, prodotto che si trova liberamente in commercio, è una spremuta che potremmo definire di seconda scelta, avente una acidità più alta (compresa tre 0,8% e 2%) ed odori e/o sapori sgradevoli di lieve intensità che sono comunque indice di olive di qualità (per svariati motivi) più scadente o di errori commessi in almeno una delle fasi che vanno dalla coltivazione dell’oliva alla trasformazione ed alla conservazione dell’olio.
Il lampante, invece, è una spremuta di olive così scadente e dal sapore ed odore così sgradevole che non ne è consentito l’utilizzo e la vendita al consumatore finale, ma è necessario che sia trattato industrialmente al fine di riportare i valori analitici entro limiti previsti dalla legge ed eliminare gli odori e sapori difettosi.
Ricapitolando, volendo mettere un primo punto fermo, possiamo affermare che
gli oli di pressione, ovvero le “spremute” di oliva in ordine decrescente di qualità vengono classificate come “olio extravergine”, “olio vergine” ed “olio lampante”.
Agli oli di pressione si contrappongono gli
oli di raffinazione che non si ottengono per mezzo di una semplice spremitura delle olive ma attraverso processi chimico fisici cui sono sottoposti gli oli di pressione di qualità più scadente.
Il caso più comune è quello dell’olio lampante che a causa della sua bassissima qualità e del sapore ed odore fortemente sgradevoli deve subire un trattamento industriale per riportare i valori chimici entro limiti stabiliti dalla legge e, soprattutto, per eliminare ogni odore e sapore difettoso.
Tale trattamento prende il nome di raffinazione ed il prodotto che ne deriva viene denominato “olio di oliva rettificato”.
L’olio di oliva rettificato non può essere venduto al consumatore finale ma deve essere miscelato con una percentuale variabile di olio extravergine di oliva o di olio vergine di oliva, per diventare quello che alla fine si trova in commercio con il nome di “olio di oliva”.
La legge non stabilisce però con quali dei due prodotti (extravergine o vergine) ed in che proporzioni deve essere effettuata questa miscela, ma impone soltanto dei valori analitici da rispettare per poter classificare la stessa come olio di oliva.
Da ciò consegue che esistono sia oli di oliva contenenti olio extravergine sia oli di oliva contenenti olio vergine ed in secondo luogo anche le quantità di tali prodotti utilizzate per la miscela possono variare in misura consistente (generalmente dal 5% al 25%).
L’ultimo prodotto che si ottiene, seppur indirettamente, dalle olive è l’olio di sansa.
La sansa è il residuo solido che resta dopo aver spremuto le olive: una pasta composta da frammenti di buccia di nocciolo e di polpa.
Dopo aver spremuto le olive, resta una piccola percentuale di olio nella sansa (dal 3% al 9% del peso in base al sistema di molitura utilizzato) che si cerca di recuperare.
L’olio di sansa non è pertanto una spremuta di olive quanto piuttosto una spremuta (in questo caso il termine spremuta è usato impropriamente) dei residui di spremitura delle olive.
Per capire cosa sia questo prodotto proviamo ancora una volta a pensare a qualcosa che conosciamo meglio: la spremuta di arancia.
Se dopo aver spremuto le arance, osservassimo quello che resta, noteremmo che all’interno delle bucce c’è ancora un minimo di polpa che contiene ancora qualche goccia di succo di arancia.
Ritornando alla spremuta di olive, l’olio di sansa grezzo è proprio quella quantità di olio che resta nelle bucce e nei noccioli dopo che sono state spremute le olive, e si ricava sottoponendo le sanse ad una estrazione con solventi.
Quest’olio non può essere consumato tal quale ma deve essere prima raffinato per ottenere l’olio di sansa raffinato ed, in un secondo momento, miscelato con una percentuale variabile di olio extravergine (molto raramente) o di olio vergine (più frequentemente) per ottenere l’olio di sansa di oliva, il prodotto che si trova in commercio.
Anche in questo prodotto, così come per l’olio di oliva, la legge non stabilisce con quale dei due prodotti (extravergine o vergine) ed in che proporzioni effettuare la miscela, ma impone soltanto dei valori analitici che devono essere rispettati per poter classificare la stessa come olio di sansa di oliva.
Ora che abbiamo spiegato, seppure superficialmente, quali sono tutti gli oli che si ottengono dalle olive, è semplice comprendere le sostanziali differenze di qualità insite nei differenti prodotti.
Se volessimo effettuare un’altra
classifica in ordine decrescente di qualità dei prodotti che possiamo trovare in commercio avremmo:
- al primo posto troviamo l’
olio extravergine di oliva, una semplice spremuta di olive dalle eccellenti caratteristiche chimiche, con un sapore fruttato e privo di alcun difetto organolettico;
- al secondo posto l’
olio vergine, una spremuta di seconda scelta dalle caratteristiche chimiche ed organolettiche che risentono degli errori e/o dei problemi manifestatisi in una o più delle fasi che vanno dalla coltivazione alla raccolta alla trasformazione ed alla conservazione del prodotto;
- al terzo posto troviamo l’
olio di oliva, miscela tra un olio vergine ed un olio rettificato (il lampante sottoposto a procedimento industriale);
- al quarto ed ultimo posto troviamo l’
olio di sansa di oliva, miscela tra un olio vergine ed un olio di sansa (prodotto estratto con solventi dai residui della spremitura delle olive) rettificato.
(foto: archivio dei Georgofili)