L’acqua è da sempre sinonimo di vita. La sua disponibilità è fattore imprescindibile nell’organizzazione delle attività dell’uomo; fattore che investe sia i Paesi in via di sviluppo e sia i Paesi industrializzati. Quando si pensava che i corsi d’acqua rappresentassero una risorsa illimitata, si sono fatti interventi scriteriati di deviazione dei fiumi e sfruttato a dismisura le falde acquifere. Dal 1950 ad oggi la popolazione mondiale è raddoppiata, mentre la disponibilità annuale pro-capite di acqua nel mondo si è più che dimezzata, passando da quasi 17.000 a 6.000 metri cubi.
Nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di abitanti, ed anche le abitudini alimentari dei Paesi in via di sviluppo cambieranno, con conseguente aumento della domando di alimenti e, quindi, di acqua, così come la crescita delle colture bioenergetiche richiederà maggiori consumi idrici. Negli ultimi tempi la temperatura media della terra è aumentata di 0,74°C, fenomeno questo che non può essere disgiunto da eventi come alluvioni, siccità e uragani di intensità senza precedenti. L’alterazione del regime delle precipitazioni provoca alluvioni in alcune regioni e aridità in altre; eventi questi che sempre si traducono in perdite di produzione.
Il quadro globale è molto preoccupante anche se il divario tra Paesi in via di sviluppo e Paesi industrializzati è molto forte. Negli USA il consumo quotidiano di acqua si aggira sui 380 litri, mentre nei Paesi poveri milioni di persone vivono con meno di 18 litri d’acqua al giorno.
Nei Paesi in via di sviluppo, dove oggi vive metà della popolazione mondiale, il livello freatico è calato paurosamente. Nell’Africa subsahariana il 40% delle case si trova a più di mezz’ora di cammino dalle fonti d’acqua e, oltre due miliardi di persone vivono lungo corsi di fiumi sottoposti a un vero e proprio stress idrico. Tra quindici-venti anni si stima che metà della popolazione mondiale dei Paesi in via di sviluppo non avrà un adeguato accesso all’acqua.
Nei Paesi industrializzati, che sono i maggiori consumatori, la situazione non è così drammatica, però i problemi non mancano ed è in aumento la competizione nell’uso di questa preziosa risorsa. Caso emblematico è quello della California. Tre anni di siccità hanno prosciugato i principali bacini dello stato e il riscaldamento globale ha ridotto le riserve nevose della Sierra Nevada che costituisce il più grande deposito di acque superficiali dello stato. Nell’autunno 2009 il governo dello stato si è trovato costretto a definire un piano di interventi per un radicale rinnovamento delle strutture idriche, unitamente a una serie di leggi che disciplinano il consumo dell’acqua. I tagli al consumo sono stati disastrosi soprattutto per gli agricoltori, con l’abbandono di vaste superfici prima destinate alle coltivazioni orticole, quali meloni, pomodori e cipolle.
Industria e agricoltura sono i settori dove si verifica il maggior consumo di acqua, senza con ciò dimenticare i consumi civili, in quanto in tutti questi settori gli sprechi sono consistenti.
Le necessità quotidiane di acqua potabile per gli esseri umani sarebbero in realtà basse, cioè 20-30 litri/giorno. Nella realtà, Paesi industrializzati, come si è visto, esse sono 10 volte superiori.
L’industria ha le sue colpe anche perché preleva circa un terzo del totale dell’acqua. Basti pensare che per confezionare un wafer di silicio da 6 pollici ci vogliono 10mila litri di acqua, mentre la fabbricazione di 1 kg di carta richiede 250 litri.
È però l’agricoltura che assorbe circa due terzi del totale dei consumi. Produrre alimenti richiede consumi che variano a seconda delle colture; consumi che coi sistemi tradizionali di irrigazione sono comunque sempre significativi.
(FOTO: una fontana a Valona – Archivio dei Georgofili)