La recente disputa sui pesti pronti venduti nei supermercati inglesi con l’accusa di contenere troppo sale e troppi grassi sembra mettere accusa il celebre Pesto Genovese con le sue diverse varianti tradizionali e merita alcune considerazioni, non dimenticando la recente nota di Cristina Nali (Georgofili INFO 8 febbraio 2017)
Un mondo senza pesto genovese? Le critiche al pesto riportate dal giornale inglese Guardian riguardano uno studio condotto dal Consensus Action on Salt & Health, un gruppo di venticinque esperti che analizzano la quantità di sale contenuta negli ali-menti. In salse di pesto importate dall’Italia gli esperti hanno rilevato quantità di sale comprese tra i due e i due grammi e mezzo per cento grammi di prodotto, pari a un grammo e mezzo per porzione, bollandole come “dannose per la salute” perché rendono difficile mantenere una quantità di sale nella dieta giornaliera entro i sei grammi. Si tratta di pesti industriali e non del Pesto Genovese tradizionale che nella sua Ricetta Ufficiale ha quantità di sale minima (sale grosso qualche grano!!), in pratica un granello per porzione, cum grano salis!
A parte la questione della quantità di sale necessaria in una dieta corretta (a un legionario romano che svolgeva un’intensa attività fisica erano necessari venti grammi di sale, vedi anche
Sale e salute a tavola - Giovanni Ballarini, Georgofili INFO 19 luglio 2017) la diatriba in atto va considerata nel quadro delle salse industriali di pesto. In queste preparazioni bisogna risolvere due problemi. Il primo è mantenere il bel colore verde impedendo che il pesto diventi scuro, dal marrone al nero, per azione dell’enzima poli-fenolossidasi contenuto nel basilico. Il secondo problema è assicurare una perfetta conservazione del colore e del prodotto nel tempo senza ricorrere a pesanti trattamenti fisici (alte temperature che inattivano enzimi e batteri) e all’uso di additivi. Da qui un aumento della quantità di sale nei pesti industriali, rispetto al tradizionale, unico granello di sale secondo la tipica tradizione del risparmio ligure!
Tutte cose note da tempo, ma da dove sorge l’odierna disputa innescata dal un giornale come il Guardian, che in precedenza si era occupato con elogi al Pesto Ligure? Con ogni probabilità (pensare male è peccato, ma…) l’attuale campagna contro il pesto industriale rientra in una “guerra delle salse” che sta tormentando l’industria alimentare e la grande distribuzione.
Le salse sono oggi una parte importante della cucina, perché aggiungono sapore ai piatti con un crescente interesse dei consumatori verso diverse preferenze di gusto, accanto al cambiamento delle abitudini alimentari che stanno aumentando la domanda di queste preparazioni, spesso lunghe da fare e che invece l’industria offre già pronte all’uso. Non ci si deve stupire del successo che anche il pesto sta avendo nelle cucine di tutto il mondo, e tra queste anche in quelle inglesi. Il mercato mondiale delle salse da condimento nel 2014 è stato valutato dal Transparency Market Research in 19.357,4 milioni di dollari USA, con una stima di crescita tale da raggiungere i 23.395,7 milioni di dollari USA nel 2020. La crescita del mercato si collega al particolare interesse che le industrie alimentari hanno per le salse, perché queste danno margini di profitto elevati rispetto ad altri alimenti. Per esempio, in un piatto di pasta condita con un pesto, la pasta (ottanta grammi) ha un prezzo dai 30 ai 60 centesimi di Euro, mentre una porzione di pesto viene pagato da mezzo a un euro secondo la marca e la tipologia. Da qui il caso di industrie pastarie che preparano e vendono anche con forti pubblicità sughi di condimento, anche pesto di diverse tipologie, dai quali trar-re profitti superiori di quelli che ricavavano dalla pasta.
Nell’attuale successo delle salse, il pesto ha un posto di primo piano in quanto condimento mediterraneo con un accattivante colore verde che accende un’idea di naturalità e con una composizione accettata anche dai vegetariani, e per questo entra nella “guerra delle salse” e è anche nell’occhio del ciclone mediatico, come quello scatenato dal Guardian. Una campagna scandalistica che non deve far dimenticare la forte, se non sostanziale differenza che vi è tra un pesto industriale e un pesto artigianale e soprattutto familiare, quest’ultimo preparato nel mortaio (discusso è l’uso del frullatore), cum grano salis (!) e consumato immediatamente dopo la sua preparazione.