Senza energia non c’è sviluppo
Ormai è assodato che lo sviluppo dell’umanità è strettamente correlato con la disponibilità di energia. Però oggi il sistema energetico mondiale è arrivato ad un bivio: l’attuale situazione globale della produzione e del consumo energetici ormai non è più sostenibile, ambientalmente, economicamente e socialmente.
Quindi l’attuale situazione dovrà essere opportunamente modificata.
Non è esagerato pensare che il futuro della prosperità umana dipenda da come e con quale successo affronterà le sfide energetiche che da oggi in poi vivremo, assicurando una disponibilità di energia valida e sicura, effettuando una rapida trasformazione delle fonti energetiche, assicurando un’energia “pulita”, diminuendo l’uso di carburanti fossili a favore di fonti alternative. Sarà quindi necessario, entro pochi decenni, attuare una vera e propria rivoluzione energetica.
La prevista domanda energetica globale sta attualmente crescendo di circa 1,6% all’anno, come media prevista dal 2010 al 2030: da 12.000 Mtoe (Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) ad oltre 17.000 Mtoe: un possibile incremento del 40%.
Si prevede che La Cina e l’India contribuiscano da sole per il 50% di tale incremento. E’ stato inoltre stimato che la domanda globale di petrolio dovrebbe crescere, da oggi al 2030, di circa l’1% all’anno (da 93 milioni di barili/giorno a 106 milioni). La domanda globale di gas fossile dovrebbe crescere dell’1,8% all’anno (in particolare nel settore di produzione dell’energia elettrica) e del 2% quella di carbon fossile. Tuttavia, ancor oggi, le popolazioni di molti Paesi produttori non godono equamente dei benefici economici derivati dalle enormi entrate finanziarie legate all’esportazione del greggio!
Il petrolio è oggi una fonte energetica essenziale e certo rimarrà tale per diversi anni a venire, anche con le più ottimistiche ipotesi sullo sviluppo e l’uso di tecnologie alternative.
Ma le disponibilità di petrolio per soddisfare la domanda globale sempre crescente, i continui aumenti dei costi della sua produzione ed i sempre più incerti ed altalenanti costi per i consumatori finali, rappresentano una continua incognita non facilmente prevedibile.
L’improvviso incremento dei prezzi del greggio, culminati nel picco di quasi 150 US$ a barile nel 2008, seguiti da un altrettanto rapido decremento ad un terzo di tale cifra, servono a dimostrare la attuale e futura probabile instabilità e volatilità del mercato.
Ciò ha sensibilizzato buona parte della società umana sulla non perpetua disponibilità del petrolio e dei gas naturali, come pure sui rischi della mancanza, anche temporanea, di tali risorse, dovuti a varie cause, anche in funzione di guerre e varie situazioni destabilizzanti.
Gli incrementi dei costi di estrazione in molti Paesi produttori, l’aumento dei costi di processo e di trasporto, dei costi della ricerca di nuove fonti, come pure il progressivo esaurimento di molte fonti finora attive, non possono che far prevedere notevoli future difficoltà di approvvigionamento, specie nei Paesi non produttori, ma grandi consumatori.
I Consumi futuri
Stime aggiornate, tuttavia, prevedono che gli attuali consumi possano essere soddisfatti fino al 2040 con il petrolio attualmente conosciuto e disponibile, anche in base alle recenti scoperte di grossi giacimenti al largo delle coste brasiliane, nel Chad, al Polo nord ecc.
Dal 2010 al 2016 il prezzo medio del petrolio è risultato oscillante tra 100 e 50 US $ per barile e presumibilmente potrà essere simile dal 2016 al 2030, a meno di eventi sociali o naturali che coinvolgano Paesi grandi produttori di greggio. Infatti, il prezzo, come già è avvenuto in passato, potrà variare notevolmente e rapidamente per ragioni politiche, belliche, finanziarie ecc., le più svariate e non facilmente prevedibili.
Comunque, dato il progressivo esaurimento delle fonti fossili, non potrà che aumentare.
Si stima inoltre che i Paesi membri dell’OPEC passeranno dal 45% della produzione di petrolio nel 2010, al 51% nel 2030. Altrettanto vale per il gas naturale. Quindi il monopolio mondiale di tale organizzazione non potrà che rafforzarsi nel tempo.
Ormai è però assodato che per prevenire un danno catastrofico ed irreversibile al clima terrestre è necessaria una “decarbonizzazione” delle fonti energetiche mondiali. Con l’attuale andamento delle emissioni nell’atmosfera di biossido di carbonio (CO2) con l’uso delle fonti energetiche fossili, nonché di altri gas “serra”, la temperatura del globo aumenterà inesorabilmente, per raggiungere in pochi decenni un aumento medio prevedibile di circa 2-4°C.
E’ quindi assolutamente necessaria una urgente azione per impedire tale aumento, che potrebbe produrre imprevedibili ed estremi cambiamenti climatici in ampie zone terrestri, sia nei Paesi sviluppati che nei Paesi emergenti. E’ quindi urgente un accordo di lungo termine che preveda l’adesione di tutti i maggiori Paesi consumatori di energia a livello mondiale, così da limitare e stabilizzare l’immissione di nuova anidride carbonica nell’atmosfera ormai arrivata a 410 parti per milione. Infatti il settore energetico rappresenta uno dei principali responsabili di tale incremento, che necessita quindi, in modo particolare, lo sviluppo di energie rinnovabili, come pure lo sviluppo di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio prodotto specialmente dai grandi impianti termoelettrici.
Le tecnologie rinnovabili dovranno crescere molto rapidamente
Oltre alle sorgenti idroelettriche convenzionali, anche le altre sorgenti di energie rinnovabili (dal vento, solari, geotermiche, da biomasse terrestri ed acquatiche, da maree ed onde marine ecc.) è stato stimato che dovrebbero crescere al ritmo di almeno lo 7,2% l’anno, per passare dall’1% di ora ad almeno al 4% dell’energia totale prodotta nel 2030. Inoltre, anche il nucleare dovrebbe diminuire rispetto al livello attuale, a meno dello sviluppo di metodi alternativi di realizzazione di impianti più sicuri ed anche per lo smaltimento e stoccaggio dei reflui a lunga ed elevata radioattività.
Gli investimenti finanziari necessari per le nuove infrastrutture energetiche innovative sono previsti consistere in oltre 26 trilioni di dollari, con la frazione usata per la produzione di energia rinnovabile pari al 52% del totale. Il rimanente potrà essere utilizzato per ottenere ancora petrolio e gas fossili (specie per le esplorazioni e sviluppo di nuovi giacimenti, specie nei Paesi non OECD).
La attuale crisi economica potrà influenzare l’attuazione di progetti non ancora completati, ma non potrà dilazionare gli investimenti a lungo termine, anche perché molte delle infrastrutture che attualmente forniscono carburanti liquidi, gas, carbone ed elettricità dovranno essere rimpiazzate entro il 2030. Si prevede inoltre che i mega-impianti di energia debbano soddisfare la domanda dei grandi centri urbani, mentre nelle zone rurali, dotate di spazi più ampi, dovrebbero svilupparsi reti energetiche locali derivate da micro-, mini- e medi-impianti, che sfruttino le varie risorse alternative locali.
Garantire la fornitura dell’energia necessaria per lo sviluppo ed accelerare la transizione verso un sistema energetico che produca un notevole decremento delle emissioni carboniche, richiede perciò un radicale intervento da parte dei Governi, sia a livello nazionale che locale, mediante una convinta ed attiva partecipazione ad un opportuno meccanismo internazionale ben coordinato.
Individui, famiglie, imprenditori e utenti di tutte le sorgenti energetiche e di tutti i veicoli terrestri, marittimi ed aerei, dovranno partecipare ad un radicale cambiamento dell’uso di energia, mentre le organizzazioni che producono i vari tipi di energia dovranno investire in ricerca, sviluppo e commercializzazione di tecnologie a zero o ridotta produzione di CO2. Per conseguire tale obiettivo i Governi dovranno provvedere adeguati finanziamenti, incentivi e regolamenti che favoriscano sia la sicurezza energetica che gli obiettivi di protezione e salvaguardia dell’ambiente, in modo sistematico ed integrato.
La soppressione di incentivi al consumo energetico, che hanno raggiunto la sorprendente somma di US$ 310 miliardi nei 20 Paesi non - OECD più importanti, potrebbe divenire un contributo fondamentale per diminuire la domanda di combustibili fossili e quindi la elevata crescita di emissioni di CO2.
Gli alti costi internazionali del petrolio, che possono rappresentare un deterrente ad un consumo sconsiderato ed un promotore dello sviluppo di tecnologie alternative, spingono nella stessa direzione, ma spesso solo a spese della crescita economica e degli standard di vita, sia nei Paesi poveri che in quelli ricchi. Tutto ciò tenuto anche conto che, in alcuni casi, vengono ad essere stimolate soluzioni ancora più dannose per l’ambiente, per la nutrizione umana e per l’economia. Alcuni Paesi, sia sviluppati che emergenti, invece hanno già agito correttamente in questa direzione, favorendo lo sviluppo di energie rinnovabili, ma certo occorre fare di più e più sistematicamente.
Un nuovo accordo a livello internazionale che coinvolga particolarmente tutti i Paesi maggiori consumatori di energia dovrà essere ritenuto cruciale per avviarci verso un sistema energetico più sostenibile nel tempo e nello spazio.
Conclusioni
L’Agricoltura, quale strumento indispensabile per produrre, a costi ragionevoli, gli alimenti necessari per il sempre crescente numero di umani, dovrà avere una base per un consumo energetico sempre più sostenibile, basato sempre più su fonti rinnovabili, presenti nell’ambiente rurale, più dotato di tali fonti, che dovranno essere prioritariamente, più sistematicamente ed intelligentemente promossi e sviluppati nel prossimo futuro.