Non solo per le carni di maiale, ma anche per quelle dei bovini bisogna dire che non si butta via nulla e fin dal più lontano passato vi sono usi in cucina specifici per ogni parte, anche se il valore nutrizionale del muscolo è costante, qualunque sia la sua origine: quarti anteriori o posteriori, tagli di prima, seconda o terza scelta. Dai quarti posteriori ancora oggi si ottengono preparazioni gastronomiche di pregio, mentre da quelli anteriori un tempo si prepara-vano ragù, lessi e bolliti, oggi caduti in disuso. Inoltre oggi nell’allevamento bovino sono quasi scomparse le razze a duplice (carne e latte) o triplice (carne, latte e lavoro) attitudine, ma solo razze a unica attitudine: animali da carne e animali da latte.
In Italia sono allevati circa un milione e quattrocentomila bovini da latte e nella Unione Europea questi animali sono circa ventitré milioni. Sono ani-mali selezionati per la produzione di elevate quantità di latte e che dopo aver prodotto tra i trecentomila e in quattrocentomila litri di latte, a fine carriera sono inviati al macello con un’età media di cinque, sei anni e pagati anche un quarto rispetto agli animali da carne. In Italia di tratta di oltre trecentomila animali ogni anno con una non disprezzabile produzione di carne.
Con la macellazione, dalle bovine da latte si ottengono carni che per genetica, età, tipo di alimentazione e metodi di allevamento sono magre e che rimangono dure nonostante la frollatura. Pur essendo sicure, sane e nutrienti queste carni non sono adatte alle odierne richieste gastronomiche di bistecche al sangue, arrosti, stufati, grigliate e altre similari prestazioni. Le carni dei bovini da latte e in particolare quelle dei quarti anteriori non possono competere con le qualità gastronomiche delle carni bovine di animali da carne, ma hanno l’indiscutibile pregio di un prezzo sensibilmente inferiore, perché tutto il costo dell’allevamento di questi animali è remunerato dalla vendita del latte. Da qui il successo di queste carni che con una particolare tecnica sono conveniente-mente tritate e trasformate in hamburger che, dopo equilibrate aggiunte d’aromi e un appropriato metodo di cottura, sono usati in strutture di alimentazione rapida.
La qualità culinaria degli hamburger è ottenuta con una tecnica apparentemente semplice, ma molto raffinata: quella della trasformazione della carne in piccole particelle. Le carni, fresche o congelate, sono lavorate con macchine specializzate che suddividono i muscoli in piccolissime parti che senza farne uscire i succhi sono assemblate in un reticolo formando gli hamburger di forma e spessore adatti alla cottura sulla griglia. Gli hamburger, dopo verifica dello spessore ed eliminazione di eventuali imperfezioni di forma, sono surgelati e la catena del freddo è mantenuta fino alla cottura nei ristoranti, con controlli durante il percorso. La carne per l’hamburger deve essere una giusta miscela di magro (70-80%) e grasso (20-30%) per avere sapore e morbidezza. La macinatura va secondo il gusto, ma è essenziale: c’è chi la preferisce fine e chi grossolana, ma non troppo, altrimenti l’hamburger rischia di non stare insieme e sbriciolarsi. La macinatura è essenziale perché si tratta di carni dure e nella formazione dell’hamburger crea spazi tra le particelle, producendo un reticolo di spazi che sulla griglia permette il passaggio del calore durante la cottura. Perché l’hamburger rimanga morbido bisogna che fra una particella di carne e l’altra vi sia uno spazio nel quale possano espandersi i succhi e il grasso che si scioglie, rendendo l’insieme succulento. La cottura dell’hamburger deve avere il suo giusto tempo, da alcuni minuti a più minuti per gli hamburger più alti. L’hamburger al sangue è poco salubre e é una buona norma portarlo a una cottura media, con una temperatura minima al cuore di 65-70° gradi. Non schiacciare con la paletta l’hamburger sulla piastra pensando di accelerare la cottura o formare una crosticina, perché l’unico effetto è eliminare gli umori dell’hamburger che risulterà duro e asciutto.
L’attuale, innegabile successo degli hamburger deriva da quattro ordini di fattori. Il primo è il costo limitato della carne di parti e tagli gastronomica-mente poco pregiati, in buona parte proveniente da bovini da latte a fine carriera, una carne nutrizionale, sana e sicura, ma non adatta alle moderne tecniche della gastronomia. Il secondo elemento è di assicurare un sia pur limitato reddito agli allevatori di bovine da latte a fine carriera. Il terzo elemento consiste nell’aver inventato e messo a punto una tecnica di preparazione dell’hamburger con la quale la carne è ridotta in piccole particelle e così superando il problema della durezza e al tempo stesso formando una struttura reti-colare che durante la cottura permette l’uniforme penetrazione del calore, men-tre tra una particella di carne e l’altra vi è uno spazio nel quale si espandono i succhi e il grasso che si scioglie, rendendo l’insieme succulento. Il quarto elemento è l’industrializzazione della ristorazione rapida che mette a disposizione di tutti una preparazione di carne, l’hamburger, in una presentazione facile da mangiare, in un vantaggioso rapporto tra prezzo e qualità.