Sull’ultimo numero del
Corriere Ortofrutticolo (
www.corriereortofrutticolo.it) Lorenzo Frassoldati, nostro accademico, ha formulato un’acuta analisi a proposito delle recenti proteste di piazza contro il Ceta, il trattato di libero scambio col Canada sottoscritto dalla Ue, che deve essere ratificato dai vari Parlamenti nazionali. “L’accusa è di non tutelare abbastanza il made in Italy nonostante questo accordo sia stato unanimemente giudicato un esempio di quello che dovrebbero essere questi trattati: equilibrati, in grado di tutelare reciprocamente le parti, più protettivi verso le nostre eccellenze dop e igp, in grado di offrire nuove opportunità alle imprese: in sostanza i vantaggi dei mercati aperti, anziché dei mercati chiusi. … Ora, se Trump dice ‘America first’ e lancia proclami neo-protezionistici tutti a scandalizzarsi, con i sedicenti liberali di casa nostra che fanno finta di indignarsi. Se invece i no-global di casa nostra scendono in piazza urlando ‘Italia first’, la cosa appare normale. Quello che i nemici del libero mercato non dicono fino in fondo è che loro sono orfani dell’Europa delle quote produttive e delle sovvenzioni, dei prezzi garantiti, delle eccedenze smaltite a carico dei contribuenti. Dell’Europa che garantiva sostegno a tutti (con la Pac che valeva il 70% del bilancio comunitario), con dazi all’entrata e sovvenzioni all’export. Dell’agricoltura assistita che, in quanto tale, non era stimolata ad organizzarsi, a confrontarsi col resto del mondo. … Intendiamoci, con questo non voglio dire che non si deve tutelare e difendere fino in fondo il made in Italy, che lo si deve svendere e abbandonare all’agropirateria internazionale. Però il Ceta introduce protezioni alle denominazioni geografiche e garanzie laddove non ce n’erano… Fra un anno potremo valutare i suoi effetti con l’aumento o meno delle esportazioni dei nostri prodotti. Ma dichiarare guerra per partito preso significa solo fare facile populismo”.