Il Fico, Ficus carica, ritenuto originario del Caucaso e del Mar Nero è, da tempi remoti, presente in Egitto e Palestina ed è ampiamente diffuso e coltivato nel Bacino mediterraneo. E’stato introdotto in America, Sud Africa, Cina, Giappone e Australia; in Europa la sua coltivazione si sta sempre più estendendo verso il nord: in Belgio, Austria, Svizzera e Germania meridionale. Numerosi insetti hanno seguito la pianta ospite e, anche grazie al riscaldamento globale e all’assenza di limitatori naturali, alcune specie trovano, nei nuovi siti, condizioni ottimali per pullulare. Di secondario interesse, nelle aree mediterranee, è il lepidottero Choreutidae Choreutis nemorana, che vive esclusivamente su Ficus carica, e che, grazie alle favorevoli condizioni climatiche, si sta diffondendo nel Nord Europa; la Tignola, attualmente, sta dando luogo a vistose erosioni fogliari in alcune zone della Sicilia destando un ingiustificato allarmismo. Gli adulti hanno un’apertura alare di circa 15 mm; le ali anteriori sono di colore castano rossastro con due fasce trasversali biancastre, mentre le posteriori sono brune, con due macchie giallastre. Essi compaiono in aprile–maggio e, nel loro mese di vita, le femmine fecondate depongono, sulla pagina superiore delle foglie, una cinquantina di uova rotondeggianti, convesse, di colore giallo paglierino, del diametro di 0,5 mm. Le larve giovani, di colore giallastro, nascono dopo circa 10 giorni e si insediano lungo le nervature della pagina superiore delle foglie e la parte distale delle lobature, rodendo il parenchima ma rispettando l’epidermide inferiore e le nervature. Sulla foglia tessono una doppia trama sericea protettiva dalla quale, per nutrirsi, sporgono il capo e il torace. Le zone erose del lembo fogliare, disseccano e la foglia assume aspetto frastagliato. Dopo ogni muta, costruiscono uno nuovo ricovero sericeo, mentre quello abbandonato viene temporaneamente utilizzato da una o due larve neonate sgusciate da uova deposte in sua prossimità. Dopo circa 15 giorni le larve mature, lunghe circa 12 mm, di colore verde giallastro, con linee longitudinali più chiare e con 6 tubercoli piliferi neri su ciascun urite, ripiegano una porzione del lembo fogliare verso la pagina superiore e tessono un candido bozzolo sericeo, fusiforme, entro il quale incrisalidano. Dopo una decina di giorni sfarfallano gli adulti della prima generazione annuale, la cui attività prosegue fino ad agosto; in questo periodo le femmine depongono le uova, dalle quali ha inizio la seconda generazione annuale, le cui larve sono attive fino all’autunno; queste possono attaccare anche i siconi verdi, praticandovi circoscritte e profonde erosioni. Numerosi entomofagi vivono a spese delle larve limitando le pullulazioni del lepidottero; in Italia sono stati segnalati gli Imenotteri Calcidoidei Eurytoma rosae e Stenomesius rufescens, il Braconide Apanteles xanthostigma, un Icneumonide del genere Pimpla e il Dittero Tachinide Lydella casta. Per quanto riguarda il controllo della Tignola, su poche piante isolate, viene consigliata la raccolta e la distruzione delle foglie infestate, facilmente riconoscibili. In tal caso sarebbe utile riporre le foglie in contenitori, chiusi con rete a maglie di 8-10 mm, in modo da consentire il passaggio degli entomofagi sfarfallati e impedire quello degli adulti del lepidottero. Tale metodo di lotta biologica, protegge e incrementa la biocenosi parassitaria della Tignola e favorisce il controllo naturale. Negli impianti produttivi, anche in presenza di appariscenti infestazioni, considerata la modesta entità dei danni, è sconsigliabile il ricorso a trattamenti fitosanitari che eliminano la totalità degli entomofagi ma solo una parte delle larve della Tignola che, per l’assenza di limitatori naturali, può raggiungere più elevate densità di popolazione.
Fig.1 in apertura: Siconio eroso dalla larva di C. nemorana
Fig.2 Adulto di Choreutis nemorana
Fig.3. Bozzolo sericeo contente la crisalide di C. nemorana