Vegetariani e vegani hanno precise scelte alimentari. I primi non vogliono mangiare carne di ogni tipo con differenziazioni che riguardano i pesci, i secondi escludono anche tutti gli alimenti prodotti da animali e oltre la carne, pesci e insetti anche latte, uova miele e derivati. Queste scelte sono da rispettare, ma non di rado sono sfruttate dalle industrie alimentari che offrono cibi che con il loro nome fingono e scimmiottano carni, latte, formaggi e burro e salumi, e sembrano sfruttare voglie nascoste di repressioni alimentari.
Sulle ingannevoli denominazioni riguardanti il latte (ad esempio latte di soia) e derivati (burro di arachidi, formaggio di tofu) si è recentemente espressa la Corte di Giustizia della Unione Europea con una sentenza nella quale si afferma che i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni come latte, crema di latte o panna, burro, formaggio e yogurt, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale. La Corte aggiunge che ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione. La sentenza conclude una causa fra l’azienda TofuTown e l’associazione tedesca contro la concorrenza sleale Verband Sozialer Wettbewerb, secondo la quale l’azienda viola la normativa comunitaria sulla denominazione degli alimenti commercializzando vegetali con le denominazioni Soyatoo Burro di Tofu, Formaggio Vegetale, Veggie-Cheese, Cream. Anche se la società si è difesa sottolineando che le denominazioni burro o cream sono sempre associate a termini che rimandano all’origine vegetale dei prodotti in questione, la spiegazione è stata ritenuta ininfluente dalla Corte di Giustizia.
Non solo latte, latticini, formaggi e burro, perché si stanno moltiplicando le etichette di alimenti per vegetariani e vegani che richiamano nomi di prodotti a base di carne e alla Unione Europea si sta chiedendo di fare chiarezza sull’utilizzo commerciale di nomi come Veggie Mortadella, Meatless meatballs (polpette di carne senza carne), Vegetarian Bacon, Gran chorizo vegan, Bresaola Vegan, Fiorentina Vegan e altri prodotti che alludono a carni, tagli o denominazioni tipiche di carni che di carne non sono, anche se accompagnate dalla nota vegetariano o vegano. Queste etichette sono legali secondo le vigenti normative UE ma, avvantaggiandosi della notorietà di denominazioni tipiche della salumeria europea e soprattutto italiana dove questa è un’arte, rischiano d’indurre il consumatore a pensare che il prodotto, dal punto di vista nutrizionale e all’interno di una dieta sana ed equilibrata, possa sostituire la carne e i prodotti a base di carne. Anche se in precedenza Bruxelles aveva espresso il parere che le disposizioni vigenti fossero sufficienti per tutelare i consumatori da indicazioni ingannevoli, ma questo ora é in contrasto con la decisione della Corte di Giustizia sopra citata.
Sempre in merito alle etichette di alcuni salumi, in Italia nomi come Prosciutto Crudo Stagionato, Prosciutto Cotto o Salame possono riferirsi solo a prodotti a base di carne suina, in Spagna l’elenco delle denominazioni è diverso e tiene conto delle tipologie produttive iberiche, in Francia vige un codice di autoregolamentazione adottato da tutta la filiera, in Germania, nonostante che l'industria alimentare abbia scommesso sulla crescita delle “carni senza carni”, il Ministro dell'Agricoltura Christian Schmidt ha dichiarato guerra al Wurst Vegano per evitare informazioni fuorvianti ai consumatori.
Nella UE, il Regolamento Etichettatura 1169/2011 fornisce alla Commissione europea la possibilità, ma non l’obbligo, di adottare un Regolamento d’implementazione in materia di alimenti destinati ai vegetariani e vegani. Ora si chiede all’esecutivo comunitario di includere in questo Regolamento regole chiare che impediscano a prodotti per vegetariani e vegani di utilizzare, sfruttandone la notorietà, denominazioni che richiamano la carne o i prodotti a base di carne. Al tempo stesso, nell’etichetta è da proibire la dicitura di sostituto o simili riferita a prodotti di origine animale, per non indurre il consumatore a pensare che il prodotto abbia le stesse caratteristi-che nutrizionali di quello che si pretende rimpiazzare. Altra soluzione sarebbe l’esistenza, al pari dei prodotti lattieri e caseari, di standard di commercializzazione a livello UE anche per le carni e i loro prodotti.