I primi esseri viventi comparsi sulla terra, più di tre miliardi e mezzo di anni fa, sono organismi microscopici genericamente denominati microbi, rimasti soli sul pianeta per tre miliardi di anni, durante i quali hanno fatto almeno sette "invenzioni" che hanno cambiato la faccia del pianeta. I microrganismi unicellulari hanno inventato la fotosintesi ricavando energia dalla luce del sole; scindendo la molecola dell’acqua con la fotosintesi hanno liberato l’ossigeno oggi presente nell’aria che respiriamo; i loro microscopici gusci calcarei si sono compattati in rocce formando molte terre emerse; hanno inventato la riproduzione sessuale; imparando a vivere in simbiosi hanno aperto la strada agli organismi pluricellulari; hanno inventato sistemi di editing del genoma per difendersi dai virus e soprattutto gli antibiotici che l’uomo ha conosciuto solo di recente. Sette invenzioni che dimostrano la grande “intelligenza biologica” di questi piccolissimi organismi.
Nonostante qualche precedente osservazione, la scoperta ufficiale degli antibiotici è attributiva ad Alexander Fleming, che nel 1928 identifica la penicillina che ha la sua applicazione medica durante la seconda grande guerra mondiale, dando avvio all’era antibiotica della medicina, con indubbi trionfi, tanto da far immaginare la completa scomparsa di ogni malattia infettiva nell’uomo e negli animali. Questo successo è ora causa di preoccupazioni per aver sottovalutato l’”intelligenza” dei microbi.
Nella loro lunghissima vita i microrganismi non hanno soltanto in-ventato gli antibiotici, ma anche come difendersi divenendo antibioticoresistenti, dando origine alla Questione Antibioticoresistenza, con previsioni allarmanti. Negli USA ogni anno vi sarebbero almeno ventitremila morti per infezioni antibioticoresistenti e un numero simile nell’Unione Europea. Una stima della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) valuta in settecentomila i morti ogni anno causati da batteri antibioticoresistenti, e nel 2050 i morti potrebbero arrivare a dieci milioni che, in una più fosca previ-sione dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), potrebbero divenire trecento milioni nei prossimi trentacinque anni.
Nel mondo, tra il 2000 e il 2010 il consumo di antibiotici è aumentato del quaranta per cento e in Italia il 45% dei ricoverati negli ospedali è trattata con questi farmaci, mentre i decessi per infezioni antibioticoresistenti è stimata tra i 4.500 e i 7.000 casi. Di questa resistenza ce ne siamo accorti soprattutto in conseguenza dell’uso diffuso e massiccio degli antibiotici non solo negli uomini, ma anche negli animali di fattoria e familiari e da qui la necessità di un loro uso intelligente da parte dei medici, dei veterinari, degli allevatori e della popolazione tutta, per quest’ultima partendo da una loro precisa conoscenza.
Diverse, e non tutte ancora sufficientemente note, sono le cause dell’antibioticoresistenza, ma indubbiamente importante è l’uso estensivo e non razionale degli antibiotici nell’uomo e negli animali. L’antibioticoresistenza connessa all'uso degli antibiotici negli animali non è una questione recente, risale agli anni sessanta del secolo scorso con il primo tentativo di una politica nell’uso degli antibiotici, in modo chiaro af-frontato dal Rapporto Swann (Swann M. - Report: Joint Committee on the use of antibiotics in animal husbandry and veterinary medicine - Her majesty's stationery office - London, 1969) distinguendo gli antibiotici destinati alla terapia dell’uomo da quelli usati negli animali, con una strategia applicativa per contenere, se non abolire, il rischio di trasferire indesiderate antibioticoresistenze dagli animali all'uomo.
Più recente è l’acquisizione della importanza di un’efficace informazione e educazione all’uso responsabile degli antibiotici da parte dei medi-ci, veterinari e allevatori, non ultima la popolazione tutta. Si può dire che nei paesi industrializzati quasi tutti conoscono e usano la parola antibiotico, ma quale è la conoscenza di cosa siano, come funzionino e come usare questi farmaci? Riguardo agli antibiotici, quattro sono le false idee sul loro uso nell’uomo e negli animali. Per l’uomo, molti credono che gli antibiotici servano a curare gran parte delle malattie e che il loro uso provochi una non meglio definita debolezza. Per gli animali, vi è la leggenda che siano indispensabili per sostenere artificialmente gli allevamenti intensivi e che in questi siano usati per ingrassare gli animali.
La diffusione di opinioni basate su dati incerti e a volte solamente inventati, è una grave difficoltà per comunicare e soprattutto far applicare misure razionali e intelligenti atte a contrastare il sempre più grave pericolo dell’antibioticoresistenza. Questa situazione ha indotto l’EFSA a studiare come gli europei percepiscono gli antibiotici, al fine di poter compiere interventi di una corretta informazione, vista la sostanziale inefficacia di spot pubblicitari istituzionali generici come quelli che anche in Italia si vedono sugli schermi televisivi. I dati preliminari di questa indagine, pubblicati il 6 marzo 2017, riguardano anche la percezione che i consumatori hanno dell’impatto sulla salute pubblica dell’antibioticoresistenza negli allevamenti degli animali, con risultati che offrono spunti preziosi per le strategie di comunicazione.
Dall’indagine risulta che quasi il settanta per cento degli europei intervistati riconosce di non avere sufficienti informazioni sull’uso degli antibiotici negli animali da reddito e soltanto per tre affermazioni il campione d’intervistati ha dato una risposta corretta in percentuale superiore al cinquanta per cento: gli antibiotici sono usati per guarire infezioni degli animali; gli antibiotici sono usati per prevenire le infezioni; gli antibiotici uccidono i batteri. Contestualmente più del cinquanta per cento degli intervistati ha opinioni sbagliate su altri importanti aspetti, credendo che gli antibiotici uccidano i virus il che è errato, che siano usati più sull’uomo che negli animali, che in questi servano stimolarne la crescita e infine che gli antibiotici utilizzati negli allevamenti siano diversi da quelli impiegati nell’uomo. In sostanza si conferma che sugli antibiotici usati negli animali da reddito la gran parte della popolazione o non ha idee, o queste non sono corrette, dando motivo d’interpretazioni errate e ampio spazio a strumentalizzazioni.
Oggi, dopo quasi cinquanta anni, i risultati contenuti nell’indagine dell’EFSA non solo confermano il grave e diffuso stato d’ignoranza della popolazione sull’uso degli antibiotici negli allevamenti, ma soprattutto la necessità di meglio conoscere lo stato dell’opinione pubblica per intervenire con una comunicazione non generica, ma intelligentemente mirata al fine di contenere e contrastare i pericoli dell’antibioticoresistenza.