Il fenomeno della crescente manifestazione di interesse da parte dell’uomo nei confronti di altre specie animali è un importante segnale di cambiamento di un rapporto antichissimo e che nel tempo ha assunto forme diverse. Queste da sempre sono state sostanzialmente dirette a consolidare un legame che accanto a fini essenzialmente utilitaristici, sia degli umani sia degli animali di volta in volta coinvolti, avevano tuttavia una valenza particolare. Gli animali, infatti, reagiscono ai nostri comportamenti e quindi contribuiscono a creare una comunicazione diretta in entrambe le direzioni.
Nella lunghissima storia di questo rapporto privilegiato fra noi e loro si sono manifestate diverse modalità di collaborazione che hanno permesso ad alcuni di partecipare attivamente alla vita degli uomini e, nello stesso tempo, di dipendere da questi per la loro sopravvivenza. Abbiamo imparato a classificarli in relazione alle funzioni che essi svolgono distinguendo quelli da reddito, essenzialmente impiegati in agricoltura, da quelli d’affezione, destinati ad esserci vicini per compagnia. È una distinzione che non sembra sufficiente a comprendere la grande varietà di situazioni che si creano e che oggi stanno evolvendo con specie ed individui che in passato non sarebbero stati presi in considerazione per ragioni pratiche di allevamento e di convivenza. Di recente in questa stessa sede il prof. G. Ballarini ha sviluppato, con la Sua competenza e chiarezza, il tema di questa evoluzione con una sintesi che invito caldamente a leggere al seguente link:
Al centro della mia riflessione colloco i “nuovi” rapporti che si creano e le prospettive che ne possono derivare. Si parla di “diritti degli animali” secondo una tendenza a moltiplicare i diritti, a partire da quelli fondamentali su cui si è costruita la nostra società. Troppi diritti, però, tolgono significato a quelli veri e inalienabili. Corrono il rischio, invece di difendere le libertà, di ridurle drasticamente e, spesso, senza alcun bisogno.
Nasce un’eccessiva antropizzazione degli animali che stravolge, limitandole, le loro libertà. Viene costruito una sorta di culto, quasi un neo paganesimo, che li colloca al centro della vita umana. Forse tutto ciò deriva dalla caduta dei valori fondamentali dell’umanità e dalla ricerca di sostituirli con regole e regolette spesso casuali e futili. Si vogliono imporre comportamenti che sarebbero in gran parte accettabili, se ciò avvenisse per libera scelta, ma diventano insopportabili perché obbligati.
Non mancano gli esempi, come la polemica sul consumo degli agnelli, rinvigorita nel periodo pasquale, o il tentativo, giocando sulle definizioni delle categorie degli animali, di escludere dal consumo umano le specie definite ex lege “da compagnia” che però si ampliano a tutte quelle che un regolamento si è sentito in obbligo di elencare. Così non consumeremo forse più conigli, agnelli, capretti, giovani polli e anche camaleonti, iguane, lucertole, pappagalli e via elencando. Magari, perché no?, vitelli e suinetti.
Esempi di altro genere si trovano nelle vetrine dei negozi per animali dove sono in vendita abiti da sposa per cagnoline e anche cosmetici o profumi che ogni cane normale subisce solo per buona indole. Capita anche di incontrare, sulla passeggiata a mare di una località ligure, un innocente coniglio tenuto al guinzaglio da una bambina seguita dalla mamma munita di trasportino.
Esistono, però, storie diverse. C’è un asino, si chiama Romeo, è di razza dell’Amiata, ha 6 anni, è vispo e di buon carattere oltre che in salute. E c’è il suo padrone, M. Entrambi vivono in bassa Valtellina in un paese di alta collina. Per cause che qui non interessano, M. ha deciso di venderlo al prezzo di mercato. Tuttavia è disposto a praticare un forte sconto sul prezzo se l’acquirente si impegna a trattare bene Romeo. Niente di particolare o di diverso da quello che fa M. Ma tanto basta.
È una storia talmente semplice e bella da essere vera e normale. La ricordo mentre si affollano nella mente tante domande e invidio M. e Romeo: hanno capito come si vive.