In questo periodo in molte aree del nostro Paese si sta verificando un problema di siccità dovuto alla scarsità di piogge negli ultimi mesi (soprattutto Marzo e Aprile), tanto che in Maremma, ad esempio, si pensa alla richiesta dello stato di calamità naturale proprio per i danni causati alle colture. Certamente i cambiamenti climatici in atto si stanno manifestando non solo con un incremento dell’aggressività delle piogge ma anche con un aumento del numero e della lunghezza dei periodi di siccità. A questo si aggiunge la degradazione dei suoli che è sempre associata ad una drastica riduzione del contenuto di sostanza organica, sceso sotto quella soglia del 2% ritenuta indispensabile per assicurare una buona fertilità del suolo. In molti suoli il contenuto di sostanza organica è ormai sotto l’1%.
È ampiamente dimostrato che le qualità strutturali dei suoli dipendono fortemente dalle interazioni con la sostanza organica. La sostanza organica, oltre a garantire la stabilità degli aggregati contro l’azione disgregante dell’acqua, assicura una forte attività biologica che contribuisce all’aumento di quella microporosità, formata dai pori compresi fra 0,5 e 50 micron di diametro equivalente che costituiscono proprio la riserva di acqua utile per la crescita delle radici e dei micorganismi. Quando il contenuto di sostanza organica scende sotto il 2% o, peggio, sotto l’1% si riduce drasticamente la proporzione di questi pori e quindi, di conseguenza, la capacità di ritenzione idrica del suolo.
Studi recenti hanno ampiamente dimostrato che l’aumento della microporosità costituita dai pori di riserva (0,5-50 micron) nei suoli ove erano stati somministrati materiali organici si traduce, come conseguenza, in un aumento della capacità di ritenzione idrica del suolo e quindi in una maggiore quantità di acqua disponibile per le piante. L’aumento della ritenzione idrica può essere attribuito, prima di tutto al miglioramento del sistema dei pori che determina migliori condizioni strutturali, ma anche alla capacità di assorbimento dell’acqua da parte della sostanza organica.
La ritenzione idrica è una delle proprietà più importanti del suolo ed è un indicatore primario delle sue qualità ed è direttamente correlata con la crisi di carenza idrica in relazione anche ai periodi di siccità e ai cambiamenti climatici. Si stima infatti che la degradazione del suolo avvenuta negli ultimi 40 anni abbia provocato una diminuzione di circa il 30% della capacità di ritenzione idrica dei suoli italiani, con un relativo accorciamento dei tempi di ritorno degli eventi meteorici in grado di provocare eventi calamitosi. Il suolo italiano, quindi, ha perduto una parte consistente della sua capacità di invaso idrico, in grado di laminare le piene in modo anche più efficiente e diffuso di quanto sia possibile con le casse di espansione realizzate lungo le aste fluviali.
In sostanza, i danni all’agricoltura di questo periodo di siccità sono fortemente accentuati dal precario stato di salute dei suoli. Questo è un aspetto veramente preoccupante soprattutto in ottica futura anche perché non è facile reintegrare il contenuto di sostanza organica e, comunque, i benefici di questo eventuale reintegro sarebbero tangibili fra diversi anni. Non è, quindi, più procrastinabile una gestione sostenibile del suolo al fine di evitare che, in futuro, l’attuale stato di degrado del suolo stesso si trasformi in desertificazione.