I maggiori aspetti della degradazione ambientale sono riconducibili al suolo (perdita di sostanza organica, erosione, compattamento, formazione di croste superficiali, perdita di struttura, impermeabilizzazione, inaridimento, salinizzazione, ecc.) e sono in gran parte imputabili alle attività antropiche.
Proprio a causa della gestione non sempre corretta del territorio, l’erosione rimane il principale aspetto della degradazione del suolo e supera mediamente di 30 volte il tasso di sostenibilità (erosione tollerabile) e ci sono pochissimi studi a livello Italiano ma anche Europeo sulla stima del danno economico causato in seguito alla perdita del suolo.
E’ evidente che anche i cambiamenti climatici possono accentuare o accelerare i processi degradativi. Alcuni di questi cambiamenti sono tangibili e i loro effetti sul suolo sono talvolta eclatanti come, ad esempio, l’aumento documentato della frequenza con cui si verificano eventi piovosi di forte intensità concentrati in un breve periodo con conseguente aumento dei rischi erosivi. Si è verificato cioè un aumento dell’aggressività delle piogge nei confronti della superficie del terreno. Un altro esempio può essere rappresentato dall’aumento della frequenza dei periodi di siccità e della loro lunghezza; aspetto questo che comincia a creare problemi alle nostre foreste.
Il non corretto uso del suolo non è solo legato alle attività agricole ma anche e soprattutto alle attività extra agricole. Al di là delle situazioni eclatanti di palese deturpazione del paesaggio o di opere realizzate senza la minima valutazione di impatto o di rispetto di una pianificazione territoriale è evidente che stiamo assistendo ad un preoccupante “consumo di suolo” cioè ad una sua impermeabilizzazione (sealing).
Il paesaggio agricolo mediterraneo è ancora oggi caratterizzato da versanti modellati dall’uomo mediante una serie di interventi sistematori aventi quale principale finalità la riduzione della lunghezza del versante o la modificazione delle pendenze.
Con la modernizzazione dell’agricoltura si è persa la “coscienza sistematoria”, che collegava la difesa del suolo dal campo ai bacini idrografici, ed è proprio qui una delle chiavi di volta che spiegano l’intensificarsi negli ultimi decenni di eventi catastrofici. Attualmente i margini di reddito per gli agricoltori sono diventati molto spesso talmente esigui che nei fatti impediscono l’attuazione di opere di sistemazione idraulica-agraria. E’chiaro che l’agricoltura, nonostante gli incentivi della Nuova PAC finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente, da sola e nelle aree più fragili, non può prevenire le catastrofi ambientali. E, quindi, assolutamente necessario operare una pianificazione del territorio che parta dalla conoscenza del suolo, dalla conoscenza dei processi che in esso avvengono e che, soprattutto, sia finalizzata alla prevenzione della degradazione ambientale. Occorre una presa di coscienza che per qualsiasi intervento sul suolo i risultati si vedono nel lungo termine e, proprio per questo, si impone un drastico cambiamento nella cultura della protezione dell’ambiente. E fondamentale, perciò, disporre di banche dati aggiornate dei vari tipi di suolo al fine di pianificarne una corretta gestione e un utilizzo secondo la specifica vocazione. Per questo è assolutamente necessario educare l’opinione pubblica alle problematiche della conservazione del suolo e persuadere gli agricoltori ad adottare pratiche agricole sostenibili.