Protetti, ma non dall'uomo. E' un paradosso: da quando nel 1972 l'Unesco ha adottato la convenzione sul "patrimonio dell'umanità" in difesa di parchi e aree geografiche naturali da preservare, le attività umane hanno fatto un sacco di danni. Uno studio dei ricercatori dell'Università del Queensland, di Wildlife Conservation Society (Wcs), dell'Università del Northern British Columbia e dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), pubblicato sul Biological Conservation, racconta infatti come siano almeno 100 i siti naturali patrimonio dell'umanità Unesco gravemente danneggiati dall'"impronta dell'uomo".
Se l'Europa è tutto sommato risparmiata, fra i parchi "scalfiti" dall'uomo si contano gioielli quali quello americano di Yellowstone, il Manas Wildlife Sanctuary in India o il Chitwan National Park in Nepal, con l'Asia che spicca fra i continenti più colpiti.
Il capo della ricerca James R. Allan e i suoi colleghi hanno analizzato la pressione esercitata dall'uomo sull'ambiente secondo i criteri già noti dell'"impronta umana" : ovvero strade, agricoltura, urbanizzazione, perdita di foreste e aree verdi, infrastrutture industriali e via dicendo, scoprendo che la "mano" dell'uomo negli ultimi 20 anni è aumentata sul 63% di tutti i siti naturali protetti dall'Unesco (ovunque, tranne che in Europa).
"Un sito naturale patrimonio mondiale dell'Unesco dovrebbe essere mantenuto e protetto completamente - spiega James Allan - perdere il 10 o il 20% della propria superficie boschiva in due decenni è qualcosa di estremamente allarmante, che deve essere affrontato". Ancora più chiaro è il dottor James EM Watson, coautore della ricerca, che fa riferimento al diverso trattamento subito da siti "naturali" e dalle meraviglie storiche e architettoniche del pianeta. "Il mondo non avrebbe mai accettato se fosse stata abbattuta l'Acropoli, oppure se una coppia di piramidi fosse appiatta per costruire complessi residenziali o strade, ma in questo momento, in tutto il nostro pianeta, stiamo lasciando che molti dei nostri siti naturali patrimonio dell'umanità siano gravemente alterati".
L'appello dei ricercatori è di stimolare l'Unesco a prendere in seria considerazione i dati dello studio e intraprendere azioni per aumentare il livello di salvaguardia.
"E' necessario un intervento urgente - continua Allan - esortiamo il Comitato del Patrimonio Mondiale a fare di più".
Basta buttare un occhio alla deforestazione per capire meglio. La riserva della biosfera del Rio Platano in Honduras ha perso 365 chilometri quadrati (l'8,5%) di foresta dal 2000. Lo Yellowstone il 6% delle sue foreste. Il Waterton Glacier International Peace Park - sul confine tra Usa e Canada - ha perso almeno un quarto della sua area forestale (540 chilometri quadrati). In generale, fra i siti naturali che contengono foreste, il 91% di quelli analizzati dallo studio ha in qualche modo subito perdite dal 2000. Il 57% di questi sono in Nord America, anche se buona causa dei danni è dovuta dal punteruolo del pino.
Altri danni, da "impronta umana", si contano fra il santuario della fauna selvatica di Manas in India. Ma anche nel parco di Komodo in Indonesia dove vivono quasi 6mila draghi di Komodo, o nel Wood Buffalo in Canada. Il fatto che l'Europa sia stata meno colpita dall'impronta umana è "incoraggiante" ma, osservano i ricercatori, è un dato da osservare con cautela visto che mancano analisi sulle dirette minacce del bracconaggio, la pressione del turismo e il rapido cambiamento climatico. "Adesso è arrivato il momento per la comunità globale di alzarsi e premere sui governi affinché si assumano responsabilità per la conservazione di questi siti. Bisogna fare sul serio" chiosano gli scienziati.
da Repubblica.it, 3/02/2017