Fra le pratiche agricole che contribuiscono maggiormente alla degradazione del suolo rimangono le lavorazioni del terreno effettuate prevalentemente in maniera convenzionale e l’attuazione ancora diffusa di colture intensive, senza il necessario apporto di sostanza organica. A queste si aggiunge la preparazione del terreno mediante livellamenti e scassi per i nuovi impianti di colture arboree, in particolare vigneti nelle zone collinari, causando così catastrofiche perdite di suolo e di nutrienti, il cui danno in termini economici ed ambientali non viene ancora quantificato.
Esperimenti a lungo termine in differenti tipi di suoli, rappresentativi dei più tipici ambienti podologici italiani, hanno dimostrato che i sistemi di lavorazione del terreno alternativi alle tradizionali arature profonde, quali la lavorazione minima, la discissura, ecc., migliorano il sistema dei pori aumentando i pori della riserva idrica e i pori di trasmissione, cioè quei pori allungati e continui che consentono i movimenti dell’acqua e la crescita delle radici.
Altro aspetto della degradazione del suolo fortemente sottovalutato è rappresentato dal compattamento in seguito all’utilizzo di macchine agricole sempre più potenti e pesanti su terreni ormai impoveriti di sostanza organica e quindi altamente vulnerabili. Il compattamento non è solo causato dal traffico delle macchine agricole ma anche dalla formazione dello strato compatto al limite inferiore della lavorazione del terreno: la così detta “suola d’aratura” la quale sconvolge le proprietà idrologiche del suolo ed è responsabile delle frequenti sommersioni nelle pianure alluvionali, dove predomina la monocoltura, in occasione di violente piogge concentrate in poco tempo, o dei movimenti di massa nelle zone collinari. Sistemi di lavorazioni del terreno alternativi alle tradizionali arature profonde, quali la rippatura, possono attenuare la formazione di detto strato compatto.
L’impoverimento di sostanza organica ha portato anche ad un forte aumento della formazione di croste superficiali le quali, oltre che interagire negativamente con la crescita delle piante (ostacolo dell’emergenza del seme), riducono drasticamente l’infiltrazione dell’acqua con aumento del ruscellamento superficiale e quindi dei processi erosivi.
In sintesi:
La difesa del territorio si attua a partire da una corretta gestione del suolo la quale deve avvenire attraverso una pianificazione che tenga conto in primo luogo delle attitudini dei suoli non solo per le attività agricole e forestali ma anche e soprattutto per quelle extra-agricole. E’necessaria quindi la conoscenza del suolo e disporre di banche dati georeferenziate di opportuno dettaglio.
Adottare pratiche agricole più compatibili con la protezione del suolo.
Adottare lavorazioni del terreno “più semplificate” rispetto all’aratura profonda tradizionale
Evitare gli sbancamenti e i livellamenti.
Ripristinare un adeguato contenuto di sostanza organica nei suoli.
Utilizzazione di biomasse di rifiuto e scarto.
Reintroduzione delle tradizionali rotazioni al posto della monocoltura intensiva.