L’incremento della popolazione mondiale e la necessità di ridurre l’impatto ambientale delle produzioni agrarie pongono l’agricoltore del XXI secolo di fronte ad una sfida senza precedenti: produrre di più con un minor uso di fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi. Nell’ affrontare questa sfida, gli agricoltori non sono soli ma possono contare su “piccolo aiutanti” che vivono sotto i loro piedi: le migliaia di specie microbiche che proliferano all’ interfaccia tra le radici delle piante ed il terreno agrario, l’ambiente che viene definito rizosfera. Queste specie microbiche sono organizzate in una vera e propria comunità definita microbiota della rizosfera. In analogia con il microbiota che popola il tratto intestinale dei vertebrati, compreso l’uomo, il microbiota della rizosfera è in grado di cooperare con la pianta nell’ acquisizione di elementi minerali dal terreno e di difendere le radici da potenziali parassiti. Intuitivamente, il microbiota della rizosfera rappresenta quindi una riserva non ancora esplorata di di bio-fertilizzanti e bio-pesticidi. Infatti, sebbene questi concetti siano stati introdotti già nei secoli scorsi, in particolare grazie ai lavori “pionieristici” di Lorenz Hiltner e James Cook, la complessità di queste comunità microbiche ha senz’altro ostacolato l’utilizzo del microbiota in agricoltura. Tuttavia, i recenti sviluppi delle tecniche di sequenziamento dei genomi e degli strumenti di analisi informatica hanno permesso agli scienziati di dare risposte dettagliate a domande come: quali specie compongono il microbiota della rizosfera? Che tipo di funzioni benefiche essi sono in grado di esercitare? Quali fattori agronomici influenzano queste attività? Tutto ciò ha permesso di comprendere come le caratteristiche del terreno agrario influenziono fortemente la composizione del microbiota della rizosfera ma anche il ruolo svolto dalla pianta stessa, a livello di specie e di singole varietà, nel regolare finemente questi imicroorganismsi e le funzioni de essi svolti. Ciò detto, un’importante conclusione che si puo trarre da queste osservazioni è che il potenziale produttivo di una pianta coltivata è determinato, almeno in parte, da una interazione tri-partitica tra il terreno agrario, il microbiota e la varietà coltivata. In un continuo parallelo con le scienze mediche, dove la gestione del microbiota gastro-intestinale è ormai parte della medicina personalizzata, una sempre più profonda conoscenza del microbiota della rizosfera potrebbe portare ad un’ “agricoltura personalizzata”. In questo caso, le esigenze di specifiche colture, quali nutrizione minerale e trattamenti fitosanitari, potrebbero essere coperte da interventi a base microbica mirati a sopperire le carenze di un particolare tipo di suolo. Questi interventi potrebbero essere rappresentati da inoculi di ceppi batterici o altri microorganismi e/o dalla selezione di varietà di piante capaci di “reclutare” il microbiota più adatto ad un certo tipo di terreno. E’ interessante sottolineare come questi concetti, sempre più radicati nel mondo accademico, stiano facendo breccia anche nel mondo dell’imprenditoria. In diversi paesi si sta registrando una sempre maggiore attenzione per le applicazioni del microbiota in agricoltura. Tuttavia è bene sottolineare che l’ entusiasmo per prodotti innovativi deve essere necessariamente accopagnato da ricerche che mirino a chiarire l’ effetto a medio-lungo termine per l’ ambiente e da una normativa specifica che ne regoli l’utilizzo. Concludendo, il microbiota che prolifera all’ interfaccia suolo-radice può essere una delle carte vincenti per lo sviluppo sostenible dell’ agricoltura, ma per arrivare a questo risulatato il lavoro intrapreso è appena cominciato.