Dagli orti urbani alle vere e proprie fattorie cittadine. Con la crescente urbanizzazione mondiale (più di metà della popolazione ormai vive in città), la minore disponibilità di terreno coltivabile e le incognite legate al cambiamento climatico, aumentano le sperimentazioni di modelli alternativi di agricoltura sostenibile. Se in Italia questo, al momento, significa soprattutto la coltivazione di ortaggi in piccoli appezzamenti in un contesto urbano, altrove si pensa più in grande. Negli Stati Uniti, la società Gotham Greens dispone di quattro impianti agricoli per la produzione di lattuga, che coprono uno spazio complessivo di 50,000 metri quadri, disseminati fra New York e Chicago.
Altre realtà simili esistono a Oakland, Los Angeles, San Francisco. In Olanda, all’Aia, l’azienda Urban Farmers ha aperto nel giugno scorso, all’interno di un edificio dismesso da Phillips, lo stabilimento “Die Schilde”: sul tetto si producono cinquanta tonnellate di ortaggi l’anno, al piano inferiore c’è un allevamento intensivo di pesce. A Berlino, nel quartiere trendy di Tempelhof si coltivano verdure, erbe e pesce.
Londra non è da meno. Anzi, alcune delle esperienze più interessanti si svolgono proprio nella capitale britannica. Grow Up Urban Farms è una startup che, in un vecchio magazzino di duemila metri quadri in disuso nella zona di Beckton, combina acquacoltura e agricoltura idroponica (senza l’uso di terriccio) produce ventimila chili di insalata ed erbe da cucina, e quattromila chili di pesce l’anno. Per ora fornendo soprattutto ristoranti, società di catering e la catena Wholefoods su scala locale. Un mercato ancora limitato, pensato per un consumatore disposto a spendere qualcosa in più per un prodotto di nicchia.
“La scala su cui si svolge l’agricoltura al momento è così vasta che un migliaio di metri quadri di terreno coltivabile in più o in meno, non fa alcuna differenza – spiega il co-fondatore Tom Webster - Ma per la nostra prossima fattoria puntiamo a una dimensione di dieci o quindici volte più grande di quella attuale. E quando ci arriveremo, il prezzo del nostro prodotto sarà concorrenziale con quello dei supermercati”. La startup ha già attirato l’attenzione degli investitori, raccogliendo lo scorso anno finanziamenti per quasi un milione e mezzo di euro, e incassato il supporto del programma di accelerazione sul clima dell’Istituto Europeo di Tecnologia.
Il segreto, se di segreto si può parlare, è nell’ambiente estremamente controllato, dove la temperatura è costante, così come il grado di umidità, e non si è soggetti ai capricci del tempo. Fondamentale anche il ricorso alle luci a Led che se da un lato consentono di risparmiare energia, dall’altro apportano alle piante la giusta dose di onde luminose, tutto l’anno. In questo, la coltivazione in ambiente chiuso urbano si differenzia da altri tipi di coltura che avvengono all’esterno, sui tetti o in una serra.
“L’economia rurale si basa sulla disponibilità di persone in loco – prosegue Webster – ma l’età degli agricoltori sta salendo sempre più e in futuro non ci saranno più persone che coltiveranno la terra in campagna. Inoltre, via via che sempre più persone abitano in città, ha sempre più senso produrre il cibo vicino a dove è consumato”.
Oltre a essere più sostenibile dal punto di vista ambientale, e ridurre i costi di trasporto, questo approccio secondo i promotori ha il vantaggio di rendere più consapevoli i consumatori di dove e come gli alimenti di cui si nutrono vengono prodotti. Da questo punto di vista il ricorso intensivo alla tecnologia potrebbe rappresentare un modo per riavvicinarsi a meccanismi primordiali, legati all’acqua e alla terra.
da: Lastampa.it, 11/01/2017