Il nobile Vincenzo Tanara (nato a Bologna e ivi morto tra il 1665 e il 1669), dopo aver a lungo prestato la sua opera di soldato presso varie corti italiane, ad un certo punto della sua vita manifestò l’appassionato desiderio di ritirarsi in campagna per goderne da un lato la pace (dopo i clamori militari), dall’altro per poter osservare direttamente ciò che nella sua qualità di “cittadino in villa” accadeva quotidianamente nei suoi possessi.
Nel suo trattato L’economia del cittadino in villa (1644) egli condensò queste sue osservazioni che però non si limitarono ad una mera elencazione delle pratiche agrarie e domestiche, ma furono dall’autore interpretate ed organizzate nell’ottica di superare l’idea di una agricoltura votata alla sola sussistenza e vista invece anche come fonte di commercio e di profitto.
Per questo l’opera di Tanara assume un particolare valore nel contesto della pubblicistica agraria di quel tempo e superando la tradizionale ripartizione con la quale erano strutturati la maggior parte dei trattati dell’epoca, nei quali tutto era organizzato sulla base dei lavori ‘da farsi mese per mese’ (La coltivazione toscana di Vitale Magazzini ne è un esempio fra tanti) egli seppe cogliere con un colpo d’occhio generale e a 360° tutto quello che avveniva in villa.
Al ‘buon Economo’ (espressione che ricorre sovente nel testo) oltre al controllo sui suoi sottoposti, spettava nella visione di Tanara anche quello di organizzare ogni aspetto della vita del microcosmo (la villa) alla cui sopravvivenza tutti dovevano mirare ognuno per il proprio ruolo.
E su tutti la figura del saggio ‘Economo’ a dominare la scena che scorre oggi sotto gli occhi del lettore lungo i sette libri che compongono l’opera, ai quali si aggiunse poi nelle edizioni successive, un capitolo dedicato alle qualità del cacciatore, arte amata e professata dal Tanara.
Particolarmente interessanti si rivelano le numerosissime e curiose ricette culinarie che accompagnano spessissimo la trattazione ed anche qui il ‘buon Economo’ tende a dimostrare tutta la sua capacità di essere un buon padre di famiglia, suggerendo come usare al meglio e senza spreco le risorse che la villa forniva.
Pane e vino (Libro primo), Viti e api (Libro secondo), il Cortile (Libro III), L’orto (Libro quarto), Il giardino (Libro quinto), La terra (libro sesto), Il sole e la luna (libro settimo). Questi gli argomenti trattati, ma tutta la vita della villa ruota attorno al Cortile: il ‘buon Economo’ infatti non doveva occuparsi solo della casa, ma anche dei suoi campi e doveva inoltre sapere come fare per procacciarsi il companatico con poca spesa e quindi il “Governo del Cortile” era indispensabile.
Dal Cortile, oltre il Porco, necessario in ogni casa, quale si gouerna con le immondezze della Cucina, herbaggi tristi dell’horto, e semola di tua Casa, senza spesa haurai Anitre, Polli, Capponi, Galli d’India, Pauoni, Oua in copia
Alla gestione del Cortile faceva da pendant l’organizzazione della Cucina, luogo di primaria importanza nell’intera struttura della villa. E all’interno della cucina il ruolo e la figura del cuoco.
E qui Tanara esprimeva il suo giudizio positivo per il cuoco, quanto negativo era quello invece per la “cuciniera”
Ma hoggidì … ardirei in buona Economia affermare, che tornasse il conto piuttosto
un Huomo Cuoco che vna Donna, perché oue prima, queste oltre la cucina, filauano,
ò cucinauano per il Padrone, hora volendo lauorare per loro stesse, strapazzano il mestiere, oue prima queste fedeli nella Casa, e nella robba consignata, con la natura tenacia adoprauano le carni, e condimenti, con molto risparmio, hora non solo non l’auansano, ma ò lo rubano, ò lo dissipano … & … per lo molti regiri c’hanno, non vogliono stare in casa, ouuero qualche volta per essere vinolente, malediche, ò streghe, non è bene il lasciarcele
Anche sul fronte dell’igiene e pulizia, giudizio durissimo quelli di Tanara sulle donne
il più sporco uomo era assai più pulito della “più polita Donna; la Cuciniera posta la pignatta su fuoco, si acconcia il capo, dapoi nel tempo, che le viuande si cuocono con spruzzate dita fila, altre cose naturali lascio, delle quali in tutto e per tutto l’huomo n’è libero
Per Tanara le perfette qualità di un cuoco erano quelle di dover essere “polito, fedele, & intendente”, la “tardezza naturale delle donne” impediva loro al contrario di essere all’altezza del compito che la villa e la cucina richiedevano.
Perfetto il cuoco nel pulire la cucina, nell’imbandir vivande, nel servire in tavola (“volteggia attorno quella”, cosa che “non è decente alle Donne”) e dunque “lasciate da parte le donne e torniamo alle qualità del cuoco”.