Fino a un recente passato molte epidemie alimentari sembravano avere un’origine sconosciuta perché le analisi microbiologiche non individuava-no alcun batterio. Poi in molti focolai si è scoperta la presenza di virus filtrabili, che percentualmente vanno assumendo una sempre maggiore importanza, man mano inoltre che i sistemi di controllo diminuiscono la frequenza delle tossinfezione batteriche. Oggi le infezioni alimentari da virus sono divenute un’emergenza che richiama l’attenzione dei ricercatori, autorità sanitarie e organizzazioni quali l’EFSA, che in un Forum dell’ottobre 2016 ha definito i virus di origine alimentare una priorità per la salute pubblica.
Nell’Unione Europea, i virus trasmessi con gli alimenti rappresentano la seconda causa principale di focolai d’intossicazioni alimentari dopo la Salmonella. Il cibo può divenire un veicolo di trasmissione agli esseri umani di virus che in alcuni casi si dimostrano molto contagiosi e che determinano focolai diffusi.
Molti sono i virus in causa e i più importanti sono il norovirus e il virus dell’epatite A presenti nei prodotti freschi, nei cibi pronti e nei molluschi bivalvi quali ostriche, cozze e cappesante, alimenti classificati come pericoli prioritari anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Sotto attenzione è anche il virus dell’epatite E, considerando la sua notevole presenza nei suini in tutta Europa e la sua trasmissione attraverso gli ali-menti, nonostante i pochi casi clinici umani nell’UE. Altro virus che può essere trasmesso con gli alimenti è il rotavirus, particolarmente associato alla gastroenterite dei bambini. D’importanza epidemiologica ancora da precisare sono virus quali l’aichivirus A, il sapovirus (un calicivirus), i parvovirus e gli astrovirus.
I virus d’interesse alimentare non derivano soltanto dalle materie prime (prodotti ittici, vegetali e carni) ma anche dalle manipolazioni alle quali sono sottoposti (coltivatori e operai, preparatori di alimento, cuochi, personale di cucina e di sala infetti o portatori). Dato che i virus non si replicano negli alimenti, la trasmissione alimentare dei virus avviene con la loro contaminazione, se chi lo lavora è infetto o portatore e eliminatore di virus e opera con scarse pratiche igieniche. Importante è anche il contatto degli alimenti e degli animali che lo producono con concimi animali, liquami umani o acque contaminate da liquami.
I virus d’interesse alimentare sono resistenti e possono sopravvivere anche per lunghi periodi negli alimenti e nell'ambiente. Il freddo e in parti-colare il congelamento e surgelamento, che inattivano i comuni batteri, non agiscono anzi conservano intatto il potere infettante di questi virus, che resistono a lungo negli alimenti refrigerati, congelati e surgelati o trattati con conservanti o radiazioni ionizzanti. Sono resistenti anche all’ambiente acido (pH3) e quindi sopravvivono sulla frutta acida come fragole, lamponi e altri frutti di bosco. Resistono anche all'alcool e alle alte concentrazioni di zucchero. Il virus dell'epatite A e il norovirus sopravvivono a 60°C per dieci minuti, ma sono inattivati da temperature sopra 65°C per tempi che di-pendono dal tipo di alimento. Entrambi e sono completamente inattivati dalla cottura che é quindi un importante metodo di sanificazione.
I principali alimenti associati a malattie virali di origine alimentare sono i molluschi (ostriche e mitili), i crostacei e i loro prodotti quando sono allevati e, o raccolti in acque adiacenti ai canali di scolo dei liquami umani. Rischiosi sono anche gli ortaggi, le verdure e i frutti di bosco concimati con letami organici non sufficientemente fermentati o irrigati con acque di scarico, confermando il concetto di un antico proverbio secondo il quale “erba cruda (e donna nuda) uccidono l’uomo” e i rischi del crudismo alimentare. Sia pure in misura minoritaria e per quanto riguarda il virus dell’epatite E sono un rischio anche le carni poco cotte di maiale e cinghiale.
Sulla base delle conoscenze scientifiche più recenti, per controllare e prevenirne la diffusione dei virus d’interesse alimentare é necessario inter-venire sulla prevenzione della contaminazione, anziché sulla loro eliminazione dagli alimenti a tutti i livelli della produzione. Gli antibiotici non so-no efficaci contro i virus e il calore è Una cottura accurata è l’unica misura efficace per distruggere il norovirus o il virus dell’epatite A nei molluschi bivalvi o nei prodotti freschi contaminati. Anche la carne e il fegato dovrebbero essere cotti completamente per garantire l’eliminazione o l’inattivazione di eventuali infezioni di epatite E.
Le principali misure per prevenire le malattie virali di origine alimentare sono le seguenti.
Nella produzione degli alimenti usare acqua pulita per irrigare i raccolti, in particolare quelli per un uso alimentare fresco (non cotto) come le insalate e i frutti di bosco. Evitare l’uso di concimi animali sui raccolti, in particolare quelli per uso alimentare fresco. Allevare i molluschi in acqua marina pulita protetta dalla contaminazione con deiezioni umane e animali.
Nella preparazione degli alimenti e soprattutto nelle cucine dei ristoranti e mense sono necessarie buone pratiche igieniche di chi maneggia gli alimenti. Indispensabile è l’allontanamento dal lavoro di preparazione e distribuzione dei cibi di chi ha sintomi di diarrea o disturbi gastrointestinali, e il loro reintegro lavorativo solo ad avvenuta guarigione con accertamento non siano potatori sani d’infezione. Indispensabile inoltre lavarsi le mani, lavare e maneggiare in modo appropriato frutta e verdure, conservare in modo adeguato i cibi, eseguire una corretta cottura degli alimenti. Queste misure sono particolarmente importanti per il cibo destinato a persone ma-late o immunodepresse, ad esempio negli ospedali e nelle case per anziani e di riposo.
Per controllare la diffusione di questi virus sarebbe necessario dotare che gli alimenti a rischio dell’etichetta “da consumare previa cottura”. Per prevenire le infezioni di epatite E si raccomanda che le persone con malattie epatiche o deficienze immunitarie e le donne in stato di gravidanza non consumino carne e fegato di cinghiale e maiale poco cotti. Sempre necessaria è infine una buona formazione dei produttori, rivenditori, addetti alle cucine e la popolazione in generale in merito alle contaminazioni virali degli alimenti.