Non buttiamo via le bucce di cipolla: nella dieta delle bovine da latte ne riducono la metanogenesi enterica

di Mauro Antongiovanni
  • 23 April 2025

Sono anni che le vacche da latte sono finite sul banco degli imputati come le maggiori e più pericolose fonti di gas serra climalteranti provenienti dalle fermentazioni enteriche degli alimenti vegetali di cui si nutrono. L’argomento è stato abbondantemente usato dai media in generale e da molte trasmissioni televisive in particolare, nelle quali le suffragette di turno ci spiegavano che i danni all’ambiente provocati delle vacche superano quelli di tutti i mezzi di trasporto, auto, veicoli commerciali, navi mercantili e turistiche, aerei, messi insieme. Inutile l’osservazione per cui le vacche, essendo animali erbivori, non rilasciano carbonio in atmosfera ex novo, dato che l’anidride carbonica, catturata negli alimenti attraverso la fotosintesi clorofilliana, vi era già presente! E poi, le vacche da latte non sono i soli animali ad essere così pericolosi per l’ambiente: lo sono tutti gli animali erbivori, ruminanti e non, selvatici e domestici, vegani e non.
Il senso di colpa ha angustiato così tanto gli addetti ai lavori da intraprendere progetti di ricerca, organizzare convegni e promuovere dibattiti sull’argomento. Anche la nostra Accademia è stata presente in più di una occasione.
In questo contesto, vale la pena di citare il recentissimo lavoro di Olagunju et al. (Animals, 2025, 15 (7), 969), dal titolo “A natural feed additive: Onion peel in the cow diet to reduce methane”.
Si è scoperto che le bucce delle cipolle, residui dell’industria di trasformazione industriale, inserite nella dieta delle vacche da latte, abbattono significativamente la produzione di metano enterico, limitando il danno che questo gas arreca all’ambiente. Il metano, infatti, vale in senso negativo molto di più dell’anidride carbonica, anche se permane in atmosfera molto meno a lungo, andando incontro alla ossidazione ad anidride carbonica e acqua.
Nello studio si sono provati quattro livelli di bucce di cipolla (2.5%, 5%, 7.5% e 10%) in due diete diverse per bovine da latte (alto e basso livello di concentrati), con la vecchia tecnica delle fermentazioni in vitro. I prodotti di fermentazione monitorati sono state le produzioni di metano (CH4), anidride carbonica (CO2), ammoniaca (NH3) e idrogeno solforato (H2S), insieme alla degradabilità dei nutrienti e agli acidi grassi volatili acetico, propionico e butirrico. Con la dieta ad alto livello di concentrati si sono registrati i volumi più elevati di gas prodotti. La presenza delle bucce di cipolla nella razione, al 5 ed al 10%, ha determinato una riduzione della quantità di metano prodotto, più marcata con la dieta ad alto livello di foraggio, ovvero di insilato di mais. Anche gli acidi grassi volatili risultarono prodotti in maggior quantità, indicando una maggior degradabilità dei nutrienti.
Per quanto la tecnica della fermentazione in vitro abbia dei limiti di affidabilità per l’aspetto quantitativo delle informazioni che può fornire, pure rimane un metodo di indagine di laboratorio facile da condurre e qualitativamente valido per fornire indicazioni utili sul metabolismo ruminale. In questo caso ci dà anche lo spunto per affermare che l’utilizzo delle bucce di cipolla somministrate alle vacche da latte, non solo non le fa finire fra i rifiuti come scarti alimentari, ma contribuisce ad abbattere la produzione dei gas serra enterici, in particolare del metano.